Mamme e lavoro, un 2020 nero «Picco di dimissioni da Covid»
La stima della Cisl: «Andrà peggio del 2019, quando in 3.500 hanno lasciato il posto»
La maternità rappresenta ancora un ostacolo per l’occupazione. Non bastavano le difficoltà nel trovare un posto negli asili nido e il costo delle rette coniugato alla crescente indisponibilità dei nonni; ora ci si mette anche l’incertezza sulla ripresa dei servizi educativi causata dal Covid.
A lanciare l’allarme è l’assessore regionale alle Pari opportunità Barbara Lori, che nei giorni scorsi ha riunito il Tavolo permanente per le politiche di genere. Tra i temi affrontati, lo sviluppo di uno smart working adeguatamente normato; interventi per ridefinire il carico di lavoro familiare tra uomini e donne e potenziare servizi educativi e sociali.
«In Emilia-Romagna partiamo da importanti risultati — rassicura Lori —, ma ora dobbiamo andare avanti in un percorso di rafforzamento che riguarda i numeri e la qualità del lavoro, puntando sulla formazione e sul superamento degli stereotipi culturali che portano le donne lontano dalle professioni scientifiche e tecnologiche che sono il futuro. Va rispettato il loro diritto a lavorare ma anche quello alle pari opportunità professionali». «Sono convinta — aggiunge — che investire sulla presenza femminile nel mondo del lavoro sia una battaglia di civiltà che dà la misura dell’emancipazione di una comunità».
Anche in linea con quanto fotografato dal Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa: le donne italiane, infatti, non ricevono dallo Stato l’aiuto necessario per poter avere le stesse opportunità degli uomini, retribuzioni in primis. Proprio per questo sarà avviata una collaborazione con l’Ufficio statistico regionale e l’Agenzia regionale per il lavoro per un’analisi dell’occupazione femminile.
Dopo che la relazione annuale dell’Ispettorato nazionale del lavoro ha messo in evidenza come anche in questa regione sia difficile conciliare lavoro e famiglia, i sindacati danno qualche numero. «Saranno le madri a pagare il costo più alto della pandemia — denuncia il segretario generale della Cisl Emilia-Romagna, Filippo Pieri —. Servono misure urgenti per rilanciare il lavoro femminile e sostenere i genitori nei compiti di cura». Bastino gli ultimi dati: nel 2019 le dimissioni convalidate a genitori sono state 5.447 (5.184 nel 2018), di cui 1.879 hanno riguardato i padri (1.833 nel 2018) e ben 3.568 le madri (erano 3.305 nel 2018). Nel 65,5% dei casi sono le madri a rinunciare al posto di lavoro, concentrate nella fascia di età 29-44 anni; in gran parte con un lavoro nel terziario e un’anzianità di servizio per il 50% dei casi inferiore ai 3 anni. Fra le motivazioni più ricorrenti ci sono la difficoltà di conciliare lavoro e cura della prole (35%), l’assenza di parenti di supporto (27%), i costi elevati di nido o baby sitter. «Se, da un lato, necessitano servizi più vicini alle famiglie — prosegue Pieri —, dall’altro, attraverso la contrattazione, specie quella di secondo livello, è indispensabile favorire forme di organizzazione del lavoro più flessibili».
Ecco allora che tra le proposte della Cisl figurano il welfare integrato, pubblico e aziendale, i congedi, straordinari Covid e parentali, il lavoro agile e l’armonizzazione di tempi e orari delle città. «È assurdo constatare come la maternità, pur tutelata dalla legge — conclude il numero uno della Cisl —, rimanga una delle cause principali di allontanamento delle donne dal lavoro. Questi dati devono obbligare le istituzioni a fare di più: le prime proiezioni 2020 dicono che saranno le donne, soprattutto madri, a pagare il prezzo più alto del Covid. Il lavoro è il primo diritto di cittadinanza e emancipazione da riconquistare».
L’assessore Lori
Vanno rispettati il loro diritto a lavorare e quello alle pari opportunità professionali