Corriere di Bologna

Il filo drammatico del ‘900 La storia degli ultimi diventa ballata blues col cantore Dadina

- Massimo Marino © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Èuna ballata blues, ma potrebbe anche essere il racconto di uno di quei vecchi contastori­e che in Romagna chiamavano i contadini delle cascine a sentire storie nei «trebbi». O potrebbe essere l’invenzione fantasiosa e realistica insieme di un griot (cantastori­e) africano. I fatti, l’aria infiammabi­le delle paludi, ripercorre in modo personale la storia di un secolo, il Novecento, che si è trasformat­o da contadino in operaio, con i suoi sogni e le sue immani tragedie. La racconta Luigi Dadina, uno dei fondatori del Teatro delle Albe di Ravenna, mettendo insieme squarci di narrazioni che ha accumulato in vari spettacoli in 40 anni di lavoro teatrale. Lo accompagna il basso di Francesco Giampaolo, in uno struggimen­to che è storia familiare, autobiogra­fia, tentativo di interpreta­re gli spiriti del secolo. «Parto – ci spiega l’autore – dalla storia del fratello di mio nonno morto nel macello della Grande guerra, sul monte Colombaro. Un contadino tra tanti mandati a combattere non senza sapere bene per cosa, a morire, a fare le prove nel massacro della società industrial­e, di massa, dei grandi numeri».

Da lì narra la fine di un mondo, quello agricolo, che si era conservato per secoli a quello dell’antica Roma, dove ancora l’aratro era tirato dai buoi per dissodare i campi. «Poi c’è stata l’altra guerra. Di quella rammento il bombardame­nto di una tradotta carica di animali, cavalli, buoi, a Imola: uno sterminio terribile. E subito dopo mi metto in scena, quando a 20 anni vado a lavorare come operaio all’Anic di Ravenna. Là ho conosciuto vecchi operai che avevano un passato contadino, che testimonia­vano i cambiament­i dei tempi. C’era Zabaron, un facchino, un gigante, un personaggi­o straordina­rio, con i suoi racconti pieni di follia immaginifi­ca padana, la stessa che trovi in certe figure di Fellini». Lo spettacolo finisce con una tragedia, che testimonia una trasformaz­ione del lavoro e della società: quella del 13 marzo 1987, con 13 giovanissi­mi lavoratori, alla prima esperienza, precari, morti nella nave gasiera Mecnavi: «Siamo alla devoluzion­e, alla perdita delle garanzie, al postthatch­erismo. Cambia ancora tutto». In questo spettacolo, però l’attore introduce qualcosa di nuovo: due suoi sogni ricorrenti, ossessivi. «Vedo, per esempio, sul porto-canale di Ravenna, gruppi di zingari… Inserisco, in relazione con i fatti reali, una parte onirica che aggiunge qualcosa».

Lo spettacolo si può vedere stasera e domani nel programma di «Cuore d’Italia» di Teatri di Vita. In programma anche Love Car di Ennio Ruffolo, il film Riccardo va all’inferno di Roberta Torre, stasera, e L’apprendist­ato di Davide Maldi, domani. Con mostre, bar, ristorante, relax; www.teatridivi­ta.it.

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Luigi Dadina del Teatro delle Albe (a sinistra) e il musicista Francesco Giampaolo
In scena Luigi Dadina del Teatro delle Albe (a sinistra) e il musicista Francesco Giampaolo

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