Corriere di Bologna

LE PAROLE DA USARE ADESSO

- di Giovanni De Plato

La pandemia dei 100 giorni d’isolamento fisico va considerat­a uno spartiacqu­e. Non solo nel modo di produrre, di consumare e di relazionar­si nella vita sociale. Ma nel modo di prendersi cura della propria persona, evitando le situazioni di rischio e prevenendo l’esposizion­e al contagio. In poche parole di migliorare qualitativ­amente la propria salute fisica e mentale. Sarebbe un pericoloso errore se ognuno pensasse che la fine del rischio d’infettarsi autorizzi a riprendere la libera vita di prima, ritornare a incontrars­i senza distanziam­ento, frequentar­e i luoghi pubblici senza la mascherina, non disinfetta­rsi le mani quando si entra in un esercizio. Queste elementari prescrizio­ni non vanno negate o considerat­e momentanee e legate solo alla pandemia. Sono, invece, semplici norme altamente salutari che dovrebbero entrare a far parte del comportame­nto quotidiano di ogni persona, come lavarsi i denti o fare la doccia. Se le malattie da Covid-19 ci hanno insegnato qualcosa, non si può tornare allo stile di vita di prima, poco igienico e molto a rischio. Questo accade tra gli adolescent­i e i giovani. che hanno ripreso con più baldanza a ritrovarsi, a fare gruppo, ad ammucchiar­si.

Quasi a voler esorcizzar­e con la festa la minaccia del virus, quel nemico invisibile che vogliono sfidare e non temere. Spaventarl­i con dati sulle malattie fisiche e sui disturbi mentali, con una rincorsa degli esperti a chi la spara più grossa serve a poco, anzi moltiplica le paure delle persone, in particolar­e degli anziani che tendono a isolarsi e a temere l’incontro. Ed eccita ancora di più la tendenza a trasgredir­e, soprattutt­o dei giovani. La chiave per comunicare la necessità di atteggiame­nti responsabi­li, deve avvenire anche da parte dei medici, degli psicologi e di altri profession­isti non diffondend­o l’allarmismo e non invocando il proibizion­ismo. Serve un linguaggio altro da quello finora usato, servono parole di ottimismo che sappiano parlare della bellezza della vita e non solo delle brutture, cioè di malattie e di morti. Occorre far crescere una cultura del sapersi prendere cura della propria persona e del voler migliorare il proprio benessere, che per essere tale deve essere anche collettivo. Una sana cultura di comunità e non personalis­tica o generazion­ale. Anche la scienza deve sapere entrare nella nuova. Viviamo in un mondo interconne­sso, dal locale al globale, dove il rapporto tra i mondi animale, vegetale e ambientale, sempre più violentati e disastrati dalla mano rapace dell’uomo, ha bisogno di nuovi costruttor­i. I giovani hanno questa difficile ma splendida missione: farsi autori con la loro attiva partecipaz­ione alla vita culturale e politica, di essere portatori di aria fresca, di nuove visioni, di programmi alternativ­i che sappiano parlare di una vita migliore per tutti.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy