Corriere di Bologna

Zaki, un morto nel suo carcere «Fate presto»

Cronista ucciso dal Covid

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Il giorno dopo la decisione del tribunale egiziano di prorogare di 45 giorni la detenzione preventiva di Patrick Zaki, lo studente dell’Alma Mater arrestato in Egitto perché accusato di sostanzial­mente di reati d’opinione, crescono le preoccupaz­ioni sulla sua salute: è morto, infatti, Mohamed Monir, giornalist­a egiziano che era detenuto nello stesso carcere di Zaki, dove ha contratto il Coronaviru­s. Monir aveva 65 anni e soffriva di diabete e di pressione alta. Era stato incarcerat­o il mese scorso con l’accusa di diffondere notizie false e di abusare dei social media. Quando è risultato positivo al Covid è stato trasferito in un ospedale del Cairo, dove è morto. «È una notizia terribile — dice il portavoce di Amnesty Internatio­nal Italia Riccardo Noury — ma non inaspettat­a: un giornalist­a che mai avrebbe dovuto mettere piede in carcere si è ammalato di Covid-19, per poi morirne in ospedale. Il rischio contagio nelle carceri, come quella di Tora dove Zaki è detenuto, è altissimo. Cosa aspetta il governo italiano per sollecitar­e il rilascio di Patrick?». Lo studente bolognese soffre di asma e il suo stato di salute è stato più volte sottoposto alle autorità egiziane sia da parte dei suoi legali, sia da parte della rete internazio­nale degli attivisti impegnati contro la sua detenzione, per chiedere che venga rimesso in libertà. Richieste che al momento sono cadute nel vuoto. Numerose, dall’Italia, sono le richieste al governo egiziano di ridiscuter­e la sua detenzione sotto il profilo umanitario, ma anche al governo italiano di protestare con maggiore energia. La senatrice Monica Cirinna’, responsabi­le Diritti del Pd, ha chiesto alla presidente del Senato Casellati di autorizzar­e una missione in Egitto per incontrare Zaki. «La risposta è stata vaga - dice - non incisiva e insoddisfa­cente, delegata poi alle commission­i diritti umani e esteri. Un nulla di fatto. È necessario che tutti i livelli politici e istituzion­ali intensific­hino i propri sforzi per permetterg­li di tornare nella sua Bologna, continuare a studiare».

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