Galletti è in pista e può correre anche da solo
VERSO LE COMUNALI
«La città ha bisogno di una classe dirigente all’altezza della situazione. Guarderò i programmi e le persone che ci saranno e poi deciderò, non ci sono solo io». C’è anche l’ex ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti nella corsa per la partita delle comunali dell’anno prossimo. O come punto di un accordo più generale in un centrosinistra allargato. Ma non è escluso che possa anche tentare la corsa in solitaria.
Nei giorni scorsi quando guardandosi allo specchio ha realizzato di aver compiuto 59 anni, ha pensato che è arrivato il tempo delle grandi decisioni, di quelle scelte della vita ampie, rotonde, fuori dai tatticismi di corto respiro. Per la politica è ancora un giovanotto ma l’ex ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, sa che le comunali del prossimo anno sono un crocevia importante nella sua lunga e fortunata carriera politica. Fare il sindaco della sua città è qualcosa d’altro, di diverso e di sentimentale rispetto a quello che ha fatto finora.
Per questo, a chi gli ha parlato nelle ultime ore, ha ribadito non solo di essere disponibile a correre come candidato di un centrosinistra allargato, se si verificassero le condizioni per arrivare al suo nome (oggi molto difficili) ma ha aggiunto di non escludere proprio niente. In altre parole: Galletti potrebbe anche tentare una corsa solitaria al centro dello schieramento. Un’iniziativa temeraria per certi versi ma che potrebbe essere molto pericolosa per il Pd se puntasse su un candidato troppo schiacciato a sinistra e per il centrodestra se per la quinta volta consecutiva (tra comunali e regionali) decidesse di puntare su una candidatura leghista o peggio sovranista e non optasse invece per un profilo più civico e moderato. Galletti potrebbe trovarsi un’autostrada politica da percorrere e siccome alle comunali c’è il secondo turno potrebbe davvero complicare i piani dei due schieramenti perché il suo profilo trasversale è in grado di pescare voti in entrambi gli schieramenti. È una mossa quella di correre da solo che non avrebbe mai fatto in altri momenti ma adesso, si diceva, è venuto il tempo delle decisioni rotonde e ampie, di quelle che danno dignità ad un intero percorso politico. Senza contare che la sua carriera politica è cominciata proprio con una avventura temeraria. Anno 1999, Galletti è un commercialista, non ha nemmeno 40 anni, consigliere comunale, vicino a Pier Ferdinando Casini: decide di seguire Giorgio Guazzaloca che corre per diventare sindaco della città, sfidando la sinistra. «Questo è matto», sentenzia Casini quando Guazzaloca gli riferisce che vuole candidarsi. Nella notte del 27 giugno arrivano i giornalisti giapponesi a raccontare la caduta del muro di Berlino. Guazzaloca prende il giovane Galletti e gli fa fare l’assessore al Bilancio del Comune. Roba da far tremare i polsi. Il clima in città non è dei migliori, il centrosinistra non ha preso bene la sconfitta, la giunta Guazzaloca e Galletti devono fronteggiare un’opposizione durissima, un complesso politico e mediatico ostile. Guazzaloca e Galletti fanno la scelta di non toccare gli alti dirigenti del Palazzo, nessuno spoil system e questo gli salverà la vita, politicamente parlando. I bilanci e la macchina del Comune restano nelle mani dei dirigenti di lungo corso tra i quali Fulvio Alberto Medini, uomo chiave nelle stanze del Palazzo. Galletti si difende bene, prova a cambiare le cose, a introdurre i temi della sussidiarietà, esternalizza le mense delle scuole e soprattutto porta a casa il capolavoro della nascita di Hera, la multiutilty che mette insieme Seabo con le aziende della Romagna dando vita ad un colosso nel settore. La storia di Galletti è una storia scritta dall’altra parte della barricata: tradizione democristiana, sponda opposta al Pci, Pds, Ds e via dicendo. Dopo le ultime elezioni del 2018 confida: «Pensa che ho votato Pd anche io, chi l’avrebbe mai detto, ma non diciamolo in giro». Non è che abbia cambiato idea lui, è che è cambiato il mondo e Galletti sente l’attuale destra italiana lontanissima dalle sue posizioni. Come Casini che quando veniva inseguito dai cronisti nelle case del popolo perché era candidato in coalizione con il Pd, rispondeva: «Capisco che vi divertiate ma siete rimasti indietro: con chi dovrei stare io? Con Salvini?».
C’è poi da dire che l’ultima parte del tragitto politico di Galletti è stata scritta con il centrosinistra. Sottosegretario all’Istruzione nel governo Letta, ministro dell’Ambiente con Matteo Renzi e Gentiloni. In fondo, dei ragazzi del ’99, è quello che ha fatto più carriera. Nel 2006, con l’appoggio di
Casini entra in Parlamento e fa il suo primo discorso, emozionato, alla Camera dei Deputati. Il resto è storia recente. E ora c’è la partita delle Comunali. «Il mio mestiere ce l’ho – confida – e non ho bisogno di un posto di lavoro. Ma la città nei prossimi anni si gioca tutto: ci sono grandi rischi e anche grandi opportunità. La crisi del Covid ha rimesso le città ai nastri di partenza, si possono perdere posizioni o occupare quelle più avanzate lasciate libere da altri». E ancora: «La città ha bisogno di una classe dirigente all’altezza della situazione. Guarderò i programmi e le persone che ci saranno e poi deciderò, non ci sono solo io». L’ex ministro, nel caso, il programma ce l’ha già ed è quello di partire dalle grandi eccellenze della città: il data center per le previsioni meteo a medio termine che lui ha contribuito a portare a Bologna e che sorgerà al Tecnopolo, i Big Data, il grande sviluppo della Philip Morris che ha scelto di venire qui, la messa in rete dei tanti progetti portati avanti dalle grandi famiglie bolognesi (Seragnoli, Golinelli, Vacchi, Marchesini), oltre alle grandi infrastrutture. Galletti è per realizzare tutte le grandi opere che Bologna aspetta da decenni anche se naturalmente (portò il G7 dell’Ambiente a Bologna) dopo la sua esperienza al governo ha maturato anche una maggiore sensibilità ambientale. Ma non è il curriculum l’ostacolo principale alla sua corsa. Anzi, nei tempi in cui uno vale uno, è perfino troppo ingombrante. Il problema sono gli equilibri politici da trovare. La sua è una candidatura di peso e trasversale: ha rapporti con il mondo bancario, con quello delle fondazioni, è nel consiglio di Emil Banca, è presidente dell’Ucid, l’unione cristiana degli imprenditori e dei dirigenti. Ma tutto questo potrebbe non essere sufficiente. Il suo è un nome spendibile per un accordo complessivo ai massimi livelli. Non si infilerà nella corsa delle primarie tra i cosiddetti «bastardi» battezzati da Merola, gioca un’altra partita. Sempre che non decida la corsa solitaria perché il sogno di guardarsi allo specchio, tra un anno, quando avrà 60 anni, da sindaco di Bologna è più forte di ogni calcolo. E perché quando ormai si è avuto tutto dalla politica i calcoli non servono più.
” Ho già un mestiere, ma Bologna dopo il Covid si gioca tutto e ha bisogno di una classe dirigente all’altezza