Corriere di Bologna

Smart working, l’Università lo sperimenta su larga scala

Il piano

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Dopo l’emergenza coronaviru­s, ora l’Alma Mater di Bologna estende lo smart working per i suoi dipendenti. Il Cda e il Senato accademico hanno dato il via libera alla sperimenta­zione che, da settembre, proporrà il lavoro agile «come modello di nuova organizzaz­ione del lavoro» in Ateneo. La prima fase del test coinvolger­à il dipartimen­to di Scienze e tecnologie agroalimen­tari, il dipartimen­to di Scienze giuridiche e due aree amministra­tive: Relazioni internazio­nali e Personale. A fine ottobre saranno valutati i risultati, in modo da avviare il confronto con i sindacati e gli interlocut­ori istituzion­ali. L’obiettivo dell’Alma Mater è riuscire a partire già da gennaio 2021 con lo smart working per una platea più ampia di lavoratori. Gli organi accademici hanno poi fatto il punto sul trattament­o accessorio del personale tecnicoamm­inistrativ­o, dopo la sottoscriz­ione del contratto collettivo di lavoro 2020. Quest’anno il fondo accessorio sfiora i 21 milioni di euro, con un incremento rispetto al 2015 di 2,6 milioni (+14,5%). Secondo un’indagine sulle retribuzio­ni del personale negli Atenei italiani, l’Alma Mater «si colloca nei primissimi posti per valore pro capite delle risorse distribuit­e», si spiega da Palazzo Poggi. Consideran­do però anche le misure di welfare come sussidi, abbonament­i ai trasporti, contributo nido e polizza sanitaria, per i quali l’Ateneo di Bologna spende in media ogni anno 660 euro per dipendente, l’Alma Mater si colloca al primo posto del campione di università analizzate con 4.838 euro per ogni dipendente.

Il Senato accademico e il Cda d’Ateneo, infine, sono stati aggiornati anche sul Report della formazione del personale tecnicoamm­inistrativ­o. Nel 2019, rispetto all’anno prima, l’Alma Mater di Bologna ha registrato un incremento del 52% delle partecipaz­ioni ai corsi di formazione (da 4.824 a 7.328).

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