«È una picconata alla Costituzione»
Casini: «Le preferenze per limitare i danni»
«Una delle prime regole della politica è non confondere i propri desideri con la realtà. Quindi il “Sì” vincerà, bisognerà capire quanto largamente. Ma questo, e lo dico soprattutto ai giovani, non significa che non vada combattuta una battaglia contro questa demagogia antiparlamentare». Pier Ferdinando Casini, senatore bolognese eletto nel 2018 tra le file del Pd, ha sposato da subito il fronte del «No» al taglio dei parlamentari: la prima esperienza da deputato risale al 1983 e di fatto è il politico con la più lunga presenza tra Camera e Senato.
Casini, perché «no»?
«La Costituzione è una cosa molto seria e non si riforma a colpi di piccone. La diminuzione dei parlamentari io l’ho già votata due volte con i governi Berlusconi e Renzi. Il problema non è la riduzione ma non si può assecondare chi crede che i costi della democrazia sono troppo elevati. Il primo effetto del Sì sarà che interi territori non saranno rappresentati; il secondo è che le due Camere dovranno fare le stesse cose che fanno oggi, lavorando peggio».
Chi sostiene il Sì spiega che altri provvedimenti arriveranno dopo il taglio.
«È un diversivo. Si rendono conto anche loro che la riforma così è una presa in giro».
Si tratterebbe del culmine della lunga stagione dell’antipolitica e del populismo?
«È chiaro che i Cinque Stelle, che si sono rimangiati tutte le loro parole d’ordine a partire dal limite dei due mandati, devono tenere in piedi questo vessillo. Su altri fronti hanno fatto retromarcia e alle Amministrative andranno male».
Quali saranno le conseguenze del voto sul governo?
«Poche, non credo che ci sarà una grande influenza sul governo ma piuttosto saranno le vite interne dei partiti a risentirne».
Sul destino del segretario del Pd, Nicola Zingaretti?
«Sarà più il risultato delle elezioni a dare eventuali scosse e non certo il referendum».
Molti sostengono che sarebbe stato più corretto tagliare i compensi degli eletti.
«L’indice dei disoccupati che arrivano in Parlamento si è già molto alzato perché continuando così chi ha un lavoro non riterrà più conveniente fare politica. Io mi pongo il problema della qualità di chi ci va, perché continuando così arriverà solo chi cerca un’occupazione. Le altre persone, le eccellenze, se ne guarderanno bene».
Dopo la vittoria del Sì cosa fare per limitare i danni?
«Reintrodurre le preferenze per evitare che siano solo i capi partito a decidere chi occuperà i pochi posti parlamentari che rimarranno».