Serrate, Emilia col fiato sospeso
Coprifuoco alle 22, stop ai musei e Dad al 100% alle superiori. La «fascia arancione» prevede spostamenti limitati e locali chiusi
Atteso il verdetto del Cts sui livelli di rischio territoriali. Ma Bonaccini e le Regioni contestano il meccanismo
È atteso per oggi il verdetto del Comitato tecnico scientifico che deciderà le sorti dell’Emilia-Romagna come delle altre regioni. Zona verde o arancione? Da questo «colore» dipenderà l’entità delle restrizioni che interesseranno il nostro territorio, al netto di quelle che, come deciso ieri dal premier Conte, riguarderanno comunque tutta l’Italia, e cioè il coprifuoco alle 22, la chiusura di musei e mostre e la dad al 100 percento alle superiori. Su negozi e mobilità interna ed esterna la stretta sarà invece differenziata.
«Moderata con probabilità alta di progressione». È in questa definizione dell’Istituto superiore di sanità sulla «classificazione complessiva del rischio Covid-19 in EmiliaRomagna» che è stata vissuta ieri da Piacenza a Rimini l’ennesima lunga giornata di trattative del governo con le Regioni, i Comuni e le Province, per la definizione del nuovo Dpcm che introduce — stando alle bozze — il coprifuoco per tutta l’Italia dalle 22 alle 5 e nuovi criteri territoriali per la gestione della pandemia, classificando i territori in verdi (misure nazionali), arancioni e rossi (disposizioni più dure e solo locali) sulla base delle criticità sanitarie riscontrate. Una impostazione che tuttavia è stata duramente criticata dalla Conferenza delle Regioni presieduta dal governatore Stefano Bonaccini che chiede al governo di dare alle Regioni maggiore peso nelle decisioni sulle chiusure e sulle riaperture in caso di curva epidemiologica favorevole.
Il nuovo Dpcm, come annunciato, sospende le mostre e le attività dei musei, limita la capienza dei mezzi di trasporto pubblico al 50% e «salva» la didattica in presenza nelle scuole elementari e medie.
La nostra Regione è sembrata colorarsi di tinte sempre più vicine all’arancione, vivendo un limbo caratterizzato da dati di sostanziale e buona tenuta del sistema sanitario ma con la preoccupazione di previsioni negative nelle prossime settimane: si spera in un semaforo verde, di certo non si rischia per il momento di diventare un’area rossa. Il livello arancione comporterebbe limiti più stringenti rispetto a quelli nazionali portando alla chiusura di bar e ristoranti e limitando anche gli spostamenti: nell’articolo del decreto denominato «ulteriori misure di riduzione del contagio in aree caratterizzate da uno scenario di elevata gravità» viene chiarito che le aree arancioni, così come quelle rosse, avranno una durata di 15 giorni con valutazioni settimanali.
Sulla classificazione delle regioni c’è però stata incertezza fino all’ultimo non essendo ancora chiari i 21 criteri — e il loro relativo peso — stabiliti dal Comitato tecnico scientifico e dal Ministero della Salute. A spiegare in parte l’attuale situazione dell’Emilia-Romagna è l’ultima rilevazione dell’indice di contagio Rt a 1,63 ma anche il parametro che forse più di altri conta nella «pagella pandemica»: l’occupazione dei posti letto negli ospedali. L’ultima rilevazione dell’Iss assegna infatti all’Emilia una probabilità superiore al 50% di impegnare entro fine novembre più del 30% dei posti in terapia intensiva e il 40% dei reparti Covid: ieri stando alla rilevazione dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) da Bologna al resto delle province si contavano 153 ricoverati in terapia intensiva su 563 posti (il 27%) e 1.464 ricoverati in area Covid su 4.438 (il 33%). Una situazione quindi non emergenziale ma che potrebbe diventarlo se l’evoluzione del contagio dovesse proseguire con i numeri delle ultime settimane: da qui l’ipotesi del livello arancione. In merito al nuovo Dpcm ieri è intervenuto, con toni anche polemici, il sindaco Virginio Merola. «Serve un sistema di intervento discusso ma che venga deciso una volta per tutte — sottolinea Merola —. Abbiamo bisogno di questo. C’è bisogno di parametri certi per capire in che zona siamo. Mi auguro che una volta deciso non si dica “io avrei fatto diversamente” perché questo compromette l’unità che ci ha chiesto il Presidente della Repubblica Mattarella. Ai cittadini che protestano dobbiamo dire che la salute viene prima di tutto e che davanti abbiamo mesi molto duri».