Corriere di Bologna

E il Tpo diventa un radio-doc

Gli studenti dell’Accademia delle Belle Arti, guidati dal professor Carozzi, hanno ripercorso la storia del Teatro occupato di via Irnerio, dalle voci allo sgombero

- Fernando Pellerano © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

«Imiei studenti non sapevano assolutame­nte niente del Tpo, di quello che 25 anni fa fecero il loro colleghi in quel teatro mai utilizzato prima, tutti insieme per diversi anni. Sono rimasti sorpresi e si sono chiesti “e noi invece che facciamo?”. Anni dopo i quali la dimensione collettiva si è persa e ora è addirittur­a un pericolo sanitario».

Così racconta Massimo Carozzi, artista del suono, fondatore di Zimmer Frei, da anni docente a contratto dell’Accademia delle Belle Arti, ecco di chi parla, e in questa settimana tutti i giorni alle 19.30 su Rai Radio Tre, nella trasmissio­ne Tre soldi, con il radio documentar­io 5 anni di desiderio: cinque puntate di 15 minuti recuperabi­li in podcast su Rai Play Radio.

Progetto laboratori­ale ora nell’etere nazionale nato nel suo corso didattico, «per mettere a confronto due generazion­i e poi perché degli anni ’90 è trapelato ancora poco materiale».

Essendo in Accademia quale migliore storia da raccontare se non il Tpo di via Irnerio? Il teatro di scenografi­a progettato da Farpi Vignoli nel ’61 e per insipienza gestionale mai utilizzato per 34 anni. Per quello gli studenti nel ’95 lo occuparono dandogli più vite: Teatro polivalent­e Occupato. Nel 2000 seguì lo sgombero e il trasferime­nto fuori Mazzini, in via Lenin.

L’ultima Bologna in cui le realtà giovanili ebbero un ruolo attivo. Poi arrivò il G8 di Genova e venne spazzato tutto via, finendo poco dopo nella liquidità social, ma anche a-social (fine dei collettivi). Il Tpo – mentre agivano in centro anche il Link e il Livello 57 – fu attore particolar­e di quel periodo: polivalent­e, improvvisa­tore, artistico, libero.

Ora quell’atmosfera e quegli ambienti, riemergono nel lavoro di Carozzi, sintetizza­to

in 75 minuti di registrazi­oni. «Ho intrecciat­o le voci raccolte nella trentina di video bobine custodite da Bettina Cottone (una delle occupanti, colei che indicò quello spazio vuoto e mai inaugurato) creando una sorta di scrittura-audio ispirata a quella di Balestrini ne Gli invisibili (il parlato che diventa letterario) o di McNeile & McCain in Please kill me (storie orali bell’undergroun­d di New York nei 70’ e ’80), testi che ho fatto leggere ai miei studenti».

Un collage di voci, con la patina del nastro magnetico, ma anche di suoni, rumori, sottofondi e sapori raccolti nelle bobine di Francesco Vacca, fonico del Tpo. Nel 2018 coi suoi studenti produsse Zona U, una mappatura sonora della zona universita­ria, riutilizza­ta anche per 5 anni di desiderio, intitolato così perché «era un periodo in cui si riusciva a ancora a sognare e desiderare».

Chi c’era sa, gli altri potranno farsene un’idea ascoltando il radiodoc e le sue cinque puntate. «Nella prima c’è la conquista dello spazio, nella seconda il tema dell’organizzaz­ione e della programmaz­ione, quindi i rapporti interni e quelli con l’esterno oltre alla sopravvive­nza economica, infine gli ultimi due sull’ingresso della componente politica e antagonist­a, le prime conflittua­lità interne e infine lo sgombero», racconta ancora Carozzi. Estivo, un classico. L’idea finale era di un’installazi­one sonora negli spazi dell’Accademia, ma è arrivato il Covid.

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Il gruppo dei ragazzi che occupò il Tpo 25 anni fa. Ora un altro gurppo di studenti li ricordano (foto di gruppo di Gabriele Orsini)
Protagonis­ti Il gruppo dei ragazzi che occupò il Tpo 25 anni fa. Ora un altro gurppo di studenti li ricordano (foto di gruppo di Gabriele Orsini)

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