E il Tpo diventa un radio-doc
Gli studenti dell’Accademia delle Belle Arti, guidati dal professor Carozzi, hanno ripercorso la storia del Teatro occupato di via Irnerio, dalle voci allo sgombero
«Imiei studenti non sapevano assolutamente niente del Tpo, di quello che 25 anni fa fecero il loro colleghi in quel teatro mai utilizzato prima, tutti insieme per diversi anni. Sono rimasti sorpresi e si sono chiesti “e noi invece che facciamo?”. Anni dopo i quali la dimensione collettiva si è persa e ora è addirittura un pericolo sanitario».
Così racconta Massimo Carozzi, artista del suono, fondatore di Zimmer Frei, da anni docente a contratto dell’Accademia delle Belle Arti, ecco di chi parla, e in questa settimana tutti i giorni alle 19.30 su Rai Radio Tre, nella trasmissione Tre soldi, con il radio documentario 5 anni di desiderio: cinque puntate di 15 minuti recuperabili in podcast su Rai Play Radio.
Progetto laboratoriale ora nell’etere nazionale nato nel suo corso didattico, «per mettere a confronto due generazioni e poi perché degli anni ’90 è trapelato ancora poco materiale».
Essendo in Accademia quale migliore storia da raccontare se non il Tpo di via Irnerio? Il teatro di scenografia progettato da Farpi Vignoli nel ’61 e per insipienza gestionale mai utilizzato per 34 anni. Per quello gli studenti nel ’95 lo occuparono dandogli più vite: Teatro polivalente Occupato. Nel 2000 seguì lo sgombero e il trasferimento fuori Mazzini, in via Lenin.
L’ultima Bologna in cui le realtà giovanili ebbero un ruolo attivo. Poi arrivò il G8 di Genova e venne spazzato tutto via, finendo poco dopo nella liquidità social, ma anche a-social (fine dei collettivi). Il Tpo – mentre agivano in centro anche il Link e il Livello 57 – fu attore particolare di quel periodo: polivalente, improvvisatore, artistico, libero.
Ora quell’atmosfera e quegli ambienti, riemergono nel lavoro di Carozzi, sintetizzato
in 75 minuti di registrazioni. «Ho intrecciato le voci raccolte nella trentina di video bobine custodite da Bettina Cottone (una delle occupanti, colei che indicò quello spazio vuoto e mai inaugurato) creando una sorta di scrittura-audio ispirata a quella di Balestrini ne Gli invisibili (il parlato che diventa letterario) o di McNeile & McCain in Please kill me (storie orali bell’underground di New York nei 70’ e ’80), testi che ho fatto leggere ai miei studenti».
Un collage di voci, con la patina del nastro magnetico, ma anche di suoni, rumori, sottofondi e sapori raccolti nelle bobine di Francesco Vacca, fonico del Tpo. Nel 2018 coi suoi studenti produsse Zona U, una mappatura sonora della zona universitaria, riutilizzata anche per 5 anni di desiderio, intitolato così perché «era un periodo in cui si riusciva a ancora a sognare e desiderare».
Chi c’era sa, gli altri potranno farsene un’idea ascoltando il radiodoc e le sue cinque puntate. «Nella prima c’è la conquista dello spazio, nella seconda il tema dell’organizzazione e della programmazione, quindi i rapporti interni e quelli con l’esterno oltre alla sopravvivenza economica, infine gli ultimi due sull’ingresso della componente politica e antagonista, le prime conflittualità interne e infine lo sgombero», racconta ancora Carozzi. Estivo, un classico. L’idea finale era di un’installazione sonora negli spazi dell’Accademia, ma è arrivato il Covid.