Lepore: «Servirà un sindaco di strada»
Mi rivolgo alla sinistra e ai moderati
«C’è bisogno di riconciliazione». L’assessore Matteo Lepore non cede sulla sfida nel Pd per la candidatura a sindaco e resta in campo. «Come si è visto in questi anni sono caparbio», dice Lepore, che vuole «unire e coinvolgere tutti», dalla sinistra al civismo-centrista. «Il prossimo sindaco dovrà andare in strada». E le primarie? «Se non si trova una strada che unisce c’è lo statuto», ricorda l’assessore, che dice di non temere i caminetti ma «i sommergibili che non si sa da dove vengono o dove vanno».
Assessore Matteo Lepore, in vista delle Amministrative 2021 nel Pd di Bologna si è parlato percorsi, assemblee, consultazioni più o meno riservate, meno delle caratteristiche che dovrebbe avere un candidato sindaco di centrosinistra ai tempi del Covid. Secondo lei?
«A me è piaciuta molto l’intervista del cardinale Zuppi al
Corriere della Sera, che recupera un po’ di parole dell’enciclica Fratelli tutti di Papa Francesco. Per uscire dalla pandemia ci vuole innanzitutto un progetto a lungo termine e amore politico, riconciliazione è una parola che va tenuta ben presente dal prossimo sindaco. Ricostruire il tessuto della comunità è una questione centrale, chi amministrerà la città avrà a che fare con priorità come quelle evidenziate dalla Caritas: la percentuale di chi chiede aiuto è aumentata del 45% e più della metà sono donne. Lavoro e salute devono essere la priorità, non sarà una passeggiata fare il sindaco».
Lei ha parlato di «riconciliazione». È possibile farla anche con una coalizione che vada dalla sinistra di Coalizione civica al civismocentrista di Giancarlo Tonelli?
«Per me non si tratta tanto di fare una coalizione per vincere le elezioni, ma di promuovere una riconciliazione che riunisca tutta la città dopo i disastri del Covid. In questo senso serve un’alleanza larghissima, per coinvolgere tutti i mondi della città, altrimenti non riusciremo ad affrontare l’emergenza sociale, ambientale e migratoria che abbiamo davanti. Ridurre le disuguaglianze deve essere il punto di partenza. Le emergenze sono tali che il centrosinistra e il Pd, che resta il baricentro della discussione con la città, devono andare oltre i soliti schemi. Il prossimo candidato, che mi auguro sia del Pd, dovrà ricostruire partendo da questa riconciliazione».
Crede di essere in grado di interpretare questa riconciliazione, anche sul fronte delle alleanze?
«Intanto sto dando il mio contributo, con il Pd e con la coalizione vedremo cosa fare. A settembre ho presentato un manifesto, da allora l’ho portato in giro e la risposta è stata buona. Come si è visto in questi nove anni sono caparbio, ma adesso più che dire qualcosa su di me voglio dare un messaggio: bisogna unire e coinvolgere tutte e tutti. Bologna va amata e quindi va ascoltata. Bisogna andare oltre i pregiudizi, rompere gli schemi. A Bologna non produciamo solo cose, produciamo un valore condiviso. Le buone relazioni industriali che ci sono qui e in Emilia-Romagna, grazie al dialogo tra imprese e organizzazioni sindacali, spostano avanti le frontiere dei diritti e dello sviluppo. Ma serve il confronto. Per questo domani (oggi per chi legge, ndr) sarò alla Ducati con i metalmeccanici in sciopero dopo la rottura con Federmeccanica: non per stare con una parte o con l’altra, ma per dire che bisogna riprendere il dialogo sul contratto nazionale. Il metodo deve essere questo: il prossimo sindaco non potrà limitarsi alle riunioni, ma dovrà andare in strada, coinvolgere le persone, curare relazioni. Non basta dire le cose, bisogna farle».
Lei dice che Bologna «va ascoltata». Immagino valga anche per il 2021: meglio le primarie, che qui vengono escluse per il Covid mentre a Roma le vogliono fare, o le consultazioni?
«Sono affezionato a un modello tutto bolognese che ha visto tante soluzioni partecipative dal basso, penso alla Fabbrica del programma dell’Ulivo o all’esperienza di Amelia Frascaroli con Vendola. Partecipazione e ascolto non sono sempre un duello all’ultimo sangue. Perché la politica dovrebbe abbandonare questo metodo? È giusto darsi l’obiettivo di trovare una strada che unisce, ma poi c’è lo statuto del Pd che dice cosa fare quando non si riesce a trovare una soluzione. Adesso non sappiamo neanche quando si andrà a votare, prima di indossare i panni del conflitto sarebbe importante lavorare ancora sul tema della riconciliazione. Di certo non possiamo immaginare che tra qualche mese la politica, come un sommergibile, si presenti per dire che mentre la città soffriva ha discusso e trovato una soluzione. Dobbiamo coinvolgere la città, soprattutto ora che in questa notte buia ce lo chiede, le cose devono essere fatte nel modo giusto».
Sembra temere caminetti «agevolati» dal Covid.
«Non ho paura dei caminetti, ma dei sommergibili che scompaiono e riappaiono, non si capisce da dove sono partiti o dove stanno andando. Se lavoriamo in maniera aperta e costruttiva credo faremo soltanto bene. L’importante è che si facciano cadere i pregiudizi, perché il percorso che ci siamo dati può essere giusto solo se tutti lo affrontano con generosità e sincerità».
” Nemici sottomarini Non temo i caminetti, ma i sommergibili che non si capisce da dove sono partiti o dove vanno
” Idee e carattere Io sto dando il mio contributo, come si è visto in questi 9 anni sono caparbio