«Negato a mia figlia il diritto all’istruzione»
Lo sfogo di una madre: «Io positiva, lei da un mese a casa senza che le facciano il tampone»
«Mia figlia è a casa da quasi un mese in attesa che la chiamino per fare il tampone, ma che ne è del suo diritto allo studio?». È lo sfogo di mamma Elena a casa in isolamento con il Covid, in concomitanza con suo marito. Dal giorno in cui l’Ausl ha mandato loro la comunicazione ufficiale, la famiglia è in attesa di ricevere una chiamata degli operatori che lavorano al tracciamento, ma sua figlia, che frequenta la quarta di una primaria in San Donato, sembra essere un fantasma per il farraginoso sistema di ricerca dei contatti stretti. «Quando io e mio marito ci siamo ammalati, abbiamo tenuto nostra figlia a casa — racconta mamma Elena —. Ma dall’Ausl ancora nessuno ci ha contatti per fare il tampone alla bambina che è sempre stata asintomatica e che
” La burocrazia Da settimane chiamo l’Ausl e mando mail a vuoto per sollecitare il test alla bambina
nel frattempo ha perso tre settimane di lezioni». La famiglia si trova in un vicolo cieco: da una parte la pediatra che dice di avere le mani legate perché la bimba è asintomatica e quindi non può prescriverle il tampone, dall’altra la difficoltà di contattare l’Ausl che ha le linee sempre occupate e non risponde alle mail. «Io e mio marito siamo guariti e siamo in attesa di essere chiamati per il secondo tampone — aggiunge Elena —. Nel frattempo però non sappiamo se e quando mia figlia potrà tornare in classe, nonostante le sollecitazioni sia da parte della scuola sia del pediatra». Quest’ultimo infatti ha spiegato alla famiglia di non poter autorizzare il rientro a scuola finché non riceverà una lettera da parte dell’Ausl che certifichi o la non posicontagio,
” Lezioni perse Mi sono dovuta improvvisare maestra per evitare che mia figlia restasse indietro
tività o il rispetto di un numero di giorni di isolamento tali per cui la bambina possa rientrare. Nel frattempo, però, il tempo passa tra dubbi e telefonate agli operatori predisposti al tracciamento per capire come e quando uscire dal tunnel burocratico. E mentre si cerca una soluzione, la scuola continua a non sapere se ci sia stato o meno un caso positivo in classe.
«Mi sono dovuta improvvisare insegnante per evitare che mia figlia restasse indietro — si lamenta mamma Elena —. Capisco che ci siano ritardi in questa fase acuta del ma non è possibile che mia figlia non possa rientrare o perlomeno seguire a distanza in via telematica le lezioni che i suoi compagni continuano a fare in presenza».
Nessuno sembra poter risolvere questo cortocircuito in cui si ritrovano anche altri: «Non siamo un caso isolato, il pediatra mi ha detto che ci sono altre tre famiglie nella nostra stessa situazione — conclude —. Mia figlia sta bene e vuole tornare a scuola, garantitele il diritto allo studio».