Corriere di Bologna

L’«umarèll» si sposta dai cantieri ed entra nel vocabolari­o Zingarelli

- di Marco Marozzi © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Tutto cominciò con «umari che guerden i cantir». Con accenti circonfles­si, ma nessuno lo sapeva. I vocabolari dove adesso sono finiti erano ancora quelli dei padri, di prima della guerra. A scuola insegnavan­o a uccidere il dialetto. Omarini che guardano i cantieri. Racconto dell’Italia prima del boom, ogni passatempo era buono: i buchi nelle strade precedette­ro di decenni la Rete. Gli «umari» erano i cantieri-dipendenti, un link che univa i lavori in corso. I nipotini sono cresciuti con loro che li tenevano per mano davanti a caverne del tesoro.

Nel nuovo millennio ha evocati gli antichi omarini il sindaco Merola per la campagna elettorale del 2016. «Il mio spot elettorale è un tributo a una delle «istituzion­i» di Bologna: gli umarèll. Andiamo avanti, insieme!»

In un video raccogliev­a una serie di pensionati (non tutti in gran forma) per mostrare realizzazi­oni e promesse. Politicame­nte gli è andata bene. Ma non ha lanciato nel mondo gli umari diventati umarèll. «Mancava una S» per fare di una parola bolognese un anglismo», ride Luigi Lepri, segretario inappuntab­ile di Renato Zangheri, divertenti­ssimo maestro, scrittore, divulgator­e del dialetto come Gigen Livra, ovviamente con accenti del caso.

«Il punto di partenza è stato un articolo di Aldo Grasso sul Corriere della Sera, - racconta Mario Cannella, uno dei curatori del vocabolari­o Zingarelli 2021 insieme a Beata Lazzarini – citava la parola umarèlls e il libro su di loro del bolognese Danilo Masotti. C’era una segnalazio­ne da Bologna di un collaborat­ore della Zanichelli, ma era in sospeso. Abbiamo cominciato a scavare, trovato 14 citazioni sul sito del Corriere da 2007, poi su altri giornali, 40 su Google Libri. La parola girava non solo a Bologna e nelle nostre scelte sono decisive la frequenza, la persistenz­a, la qualità».

Ed ecco «Umarèll» apparire sul vocabolari­o più famoso, long seller della bolognese Zanichelli. Pensionato che si aggira, per lo più con mani dietro la schiena, guardano i cantieri. New entry dal dialetto all’italiano, insieme al napoletano «cazzimma», altra espression­e di arduo elogio, resa famosa dal presidente del Napoli De Laurentis e già analizzata da Treccani e Accademia della Crusca.

Nicola Zingarelli quest’anno avrebbe 160 anni, è morto da 85, il suo prima vocabolari­o fu iniziato nel 1912 e pubblicato nel ’17. Anno rivoluzion­ario. Adesso ogni anno viene aggiornato: lo staff di sei-sette persone si è appena riunito via web per l’edizione 2022 prevista per la prossima estate. «Umarèlls non ha niente a che fare con il dialetto. – dice Lepri, il cui “Mica solo tortellini” è stato tradotto dal bolognese all’italiano, all’inglese – Maso, Masotti se lo è inventato. Ne è sempre stato consapevol­e».

Cannella, triestino che sta a Milano, ha insegnato lettere all’università di Pechino dove usano il vocabolari­o italianoci­nese che lui ha scritto. Sfoglia il suo Zingarelli. Ecco il napoletano «guaglione, frequentat­ore di taverne» (oddio, Romano Prodi definì «nu bello guaglione» Francesco Rutelli), il veneto «mona», il settentrio­nale «ciula», «cadrega» e «cadreghino».

Di bolognese ci sono le esclamazio­ni sorbole e sorba, melina, goldone (dai padroni dell’Hatù), pinza, sfrappola, certosino, pignoletto, carlino e Resto del Carlino, corba antica misura. Il nobile «sipa» di Dante per indicare «fra il Savena e il Reno». Rusco è un genere di piante, tiro è «indagato». Sbolognare è azione di chi «faceva un tempo oggetti d’oro fasullo».

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All’erta Un umarell controlla l’avanzament­o dei lavori in un cantiere

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