L’ONORE DI UN ELETTO
Non sono più i tempi in cui sui banchi di Palazzo d’Accursio, tra gli altri consiglieri comunali, sedevano esponenti politici come Nino Andreatta e come Giuseppe Dossetti e se è per questo non sono nemmeno più i tempi dove le principali decisioni politiche e amministrative della città passano dall’assemblea degli eletti ma quello di consigliere comunale, soprattutto in una città come Bologna, resta un ruolo di cui va difesa fino in fondo l’onorabilità. Oggi è più facile fare notizia con un post su Facebook che con un brillante intervento di inizio seduta o peggio con una interpellanza alla giunta o con un intervento nel dibattito che si apre quando si vota una delibera; per non parlare del lavoro di indirizzo e controllo che ad ogni consigliere comunale spetta nelle varie commissioni in cui si articola il lavoro del consiglio. Questa onorabilità non era stata difesa dalla pluricandidata Lucia Borgonzoni nel corso del 2019 perché aveva avuto tempo di partecipare ad una sola seduta del consiglio comunale. Quest’anno però è riuscita, e non era semplicissimo, a fare peggio: in consiglio comunale non ci ha mai messo piede, né fisicamente né virtualmente visto che, causa Covid, le sedute erano online.
Quando entri in consiglio comunale significa che alcuni cittadini ti hanno scelto, sono andati alle Comunali e hanno scritto il tuo nome sulla scheda: ti hanno dato un mandato da portare avanti.
Chi scrive ha avuto l’onore e il privilegio di vedere diversi insediamenti del consiglio comunale dopo le elezioni e molti neoconsiglieri entrare nella bellissima sala del consiglio pieni di entusiasmo e di idee. Poco importa se poi come succede anche in Parlamento si sarebbero scontrati con la difficoltà di essere incisivi e di portare a casa risultati. Avevano la luce negli occhi, l’orgoglio di essere stati scelti come rappresentanti eletti dai cittadini. E spesso di fronte ad assessori nominati dal sindaco, magari un po’ arroganti, rivendicavano quella legittimità ricordando che loro, a differenza di alcuni membri della giunta, erano eletti dal popolo. Probabile che negli anni in cui ha frequentato quelle stanze Lucia Borgonzoni abbia qualche volta alzato gli occhi e abbia incrociato lo Stemma della città sorretto da due Virtù, quella della Concordia e quella della Fedeltà. Probabile che si sia pure emozionata. Non aver messo piede in Comune per due anni sarebbe grave di per sé, ma nel suo caso c’è un aggravante: forse non tutti si ricorderanno ma questo è ancora il mandato iniziato con la sua candidatura a sindaco contro Merola cinque anni fa: detta in altre parole sarebbe ancora, mai condizionale è servito di più, il leader naturale dell’opposizione a Palazzo.
Ad inizio anno poi Borgonzoni si è candidata a presidente della Regione: ha promesso ai suoi elettori che sarebbe rimasta in Regione a fare l’opposizione nel caso di sconfitta e non ci è rimasta neanche un’ora ma qui siamo nel regno delle cose che dicono i politici e non fanno. Non presentarsi mai in consiglio comunale in un anno intero è qualcosa che ci proietta in un altro livello. Un tempo qualcuno si sarebbe alzato e avrebbe chiesto le sue dimissioni. Ma non ha nemmeno più senso chiederle a questo punto visto che tra pochi mesi verrà eletto un nuovo consiglio. In questi casi non resta che affidarsi al potere taumaturgico delle parole. Tipo quelle di Ennio Flaiano: «Non chiedetemi dove andremo a finire perché già ci siamo».