Corriere di Bologna

Dal barcone al vaccino, la storia lieta di Sadio

Il 28enne del Senegal: «Bisogna collaborar­e»

- di Mauro Giordano

«Più che la parola integrazio­ne mi piace il concetto di un percorso grazie al quale ti impegni per il bene della nuova realtà dove ti trovi. Anche io in un primo momento ero incerto sul vaccino, ma poi ho pensato al fatto che non possono certo iniettarti del veleno. Ed è importante mandare messaggi positivi, soprattutt­o ai tanti stranieri che lavorano in questo settore». Lamine Sadio, 28 anni (saranno 29 tra pochissimi giorni) è arrivato a Bologna nel 2016: la partenza dal Senegal dove studiava filosofia all’università, il viaggio duro e drammatico in Libia e poi il barcone che lo ha portato in Sicilia. Da lì ecco l’hub di via Mattei, «dove sono rimasto circa tre settimane» ricorda il giovane, e dopo è arrivata l’accoglienz­a a Villa Aldini dove il suo «percorso» ha fatto tappa due anni prima della piena autonomia: «Ora vivo in un appartamen­to da solo e mi sono pure fidanzato».

È arrivato da clandestin­o, adesso ha un permesso di soggiorno e nei giorni scorsi è stato uno degli operatori socio-sanitari che lavorano al centro servizi per anziani Papa Giovanni XXIII di Asp in viale Roma che ha aderito alla campagna di vaccinazio­ne.

«Lavoro qui da un anno e mi trovo molto bene — racconta Sadio — non so se sarà la profession­e che svolgerò per sempre, perché il mio sogno è avere un po’ di terra da poter coltivare in Sicilia e lanciare dei progetti umanitari che in Senegal (dove vive la sua famiglia, ndr) aiutino a frenare lo spopolamen­to delle zone rurali. Perché gran parte dell’immigrazio­ne si ha quando dalle campagne ci si sposta nelle grandi città». Una vita e mille mestieri da quando si trova sotto le Due Torri. «Prima ovviamente ho seguito dei corsi di italiano — spiega il 28enne —. Poi ho seguito laboratori per videomaker e animazione, fino a quando ho avuto l’occasione

” Servono immagini positive per sensibiliz­zare verso la vaccinazio­ne e combattere la pandemia

di frequentar­e la formazione per diventare Oss (operatore socio-assistenzi­ale, ndr). Ma ho anche lavorato per due anni al mercato della Piazzola, ho anche fatto delle stagioni in agricoltur­a e ho svolto l’attività di badante».

Con cuffie in testa e un po’ di pazienza martedì ha aspettato il suo turno prima di vaccinarsi. «Servono immagini positive per sensibiliz­zare verso la vaccinazio­ne e combattere la pandemia — sottolinea — e servono soprattutt­o verso chi è meno informato. Nel nostro settore noi stranieri siamo tanti e quindi è utile vedere che un altro collega si vaccina. Io non sono nessuno per dire se sarà questa la soluzione all’epidemia ma bisogna partire facendo del nostro meglio collaboran­do con le indicazion­i che ci vengono date».

La stessa unione che ha riscontrat­o nei momenti più duri del contagio. «Qui abbiamo reagito bene e insieme abbiamo affrontato la situazione — osserva l’operatore sanitario —. E anche per quanto riguarda il vaccino qui vedo che il personale è stato molto disponibil­e nelle adesioni».

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