I TAR E IL VULNUS POLITICO
«Non ho io saputo suggerir migliore partito […] se non tutte, in buona parte almeno, le tante questioni ed opinioni, onde resta offuscata e confusa la facoltà legale. Tanta farraggine di libri di leggi, tante discordie fra i giurisconsulti, hanno rendute nei tempi addietro arbitrarie, in infiniti casi, le sentenze dei giudici».
Se non fosse per il ricorso a prosa e termini ormai desueti, questo passaggio di un arguto sacerdote di metà Settecento – Ludovico Antonio Muratori in Dei difetti della Giurisprudenza – potrebbe ben fotografare l’attuale situazione di disagio in cui versa l’impianto normativo e, di conseguenza, il disagio che ne traggono le istituzioni.
L’eccezionalità della pandemia e lo stato di emergenzialità con cui si è sospesa la vigenza di parte dell’assetto costituzionale e normativo ordinario a favore dell’introduzione di una nuova e fitta articolazione regolamentare sta inesorabilmente facendo emergere tutte le criticità e le anchilosi di un sistema che fatica a offrire risposte efficaci e immediate. Basti guardare al delicato tema della riapertura delle scuole, dove sono dovuti intervenire addirittura i Tribunali Amministrativi Regionali.
In questo caso sono stati chiamati in causa, in considerazione dei provvedimenti regionali o ministeriali e dei poliformi dati scientifici, su cui ciascuno ha offerto le più disparate interpretazioni. È di ieri la decisione con cui si è respinta l’istanza di sospensiva presentata da alcuni genitori contro l’ordinanza del presidente Zaia che aveva bloccato la ripresa delle lezioni in presenza per le scuole secondarie superiori fino al 31 gennaio. Neppure una settimana fa il Giudice amministrativo lombardo, invece, aveva cassato l’ordinanza di chiusura del governatore Fontana, in quanto contraddittoria ed irragionevole. Ironia della sorte, è poi giunta la classificazione in zona rossa della Lombardia a modificare nuovamente il quadro.
Sempre per un difetto di motivazione – in quanto «non sufficientemente dimostrati fatti, circostanze ed elementi che indurrebbero ad un giudizio prognostico circa un più che probabile incremento del contagio riferibile all’attività scolastica in presenza nelle scuole secondarie di secondo grado» – il TAR. dell’Emilia-Romagna aveva cassato il provvedimento di chiusura del governatore Stefano Bonaccini.
Il tema richiederebbe ben altri approfondimenti, i giudizi citati sono tutti emessi in fase cautelare e faranno il loro doveroso e corretto corso, ma è evidente come il cittadino non possa che essere sempre più spaesato davanti ad una situazione di incertezza e di labilità per cui paradossalmente ciò che vale oggi non è detto sia in vigore domani, aumentando confusione e riducendo la fiducia nei confronti dell’agire pubblico.
Il quadro appare quanto mai sconfortante: una continua stratificazione normativa si accompagna ad un difficile e mai totalmente trovato equilibrio tra centro e periferia; in controluce rimane una divisione di competenze sempre interpretabili tra Stato e Regioni, cui aggiungere il difficile orizzonte dei Comuni o delle Città Metropolitane, senza tralasciare le Province agonizzanti e da anni appese tra la vita e la morte.
La sedimentazione nel tempo di decantati progetti di riforma, sovente rimasti lettera morta (o attuati parzialmente) accompagnata dall’incapacità di una visione d’insieme, non ha fatto altro che aumentare la distanza, sempre più incolmabile, tra le aspettative della società e le esigenze di un impianto istituzionale polidecisionale e complesso che, però, ha cominciato ad essere percepito come autoreferenziale e poco propenso ad offrire risposte ai bisogni.
Una situazione davvero deprimente, che riguarda tutti e di cui la responsabilità è collettiva. La speranza è che il ritorno ad un’agognata normalità sanitaria conceda nuova linfa ad un modello istituzionale e politico inadatto al nuovo Millennio.