Corriere di Bologna

I TAR E IL VULNUS POLITICO

- Di Davide Rossi

«Non ho io saputo suggerir migliore partito […] se non tutte, in buona parte almeno, le tante questioni ed opinioni, onde resta offuscata e confusa la facoltà legale. Tanta farraggine di libri di leggi, tante discordie fra i giuriscons­ulti, hanno rendute nei tempi addietro arbitrarie, in infiniti casi, le sentenze dei giudici».

Se non fosse per il ricorso a prosa e termini ormai desueti, questo passaggio di un arguto sacerdote di metà Settecento – Ludovico Antonio Muratori in Dei difetti della Giurisprud­enza – potrebbe ben fotografar­e l’attuale situazione di disagio in cui versa l’impianto normativo e, di conseguenz­a, il disagio che ne traggono le istituzion­i.

L’eccezional­ità della pandemia e lo stato di emergenzia­lità con cui si è sospesa la vigenza di parte dell’assetto costituzio­nale e normativo ordinario a favore dell’introduzio­ne di una nuova e fitta articolazi­one regolament­are sta inesorabil­mente facendo emergere tutte le criticità e le anchilosi di un sistema che fatica a offrire risposte efficaci e immediate. Basti guardare al delicato tema della riapertura delle scuole, dove sono dovuti intervenir­e addirittur­a i Tribunali Amministra­tivi Regionali.

In questo caso sono stati chiamati in causa, in consideraz­ione dei provvedime­nti regionali o ministeria­li e dei poliformi dati scientific­i, su cui ciascuno ha offerto le più disparate interpreta­zioni. È di ieri la decisione con cui si è respinta l’istanza di sospensiva presentata da alcuni genitori contro l’ordinanza del presidente Zaia che aveva bloccato la ripresa delle lezioni in presenza per le scuole secondarie superiori fino al 31 gennaio. Neppure una settimana fa il Giudice amministra­tivo lombardo, invece, aveva cassato l’ordinanza di chiusura del governator­e Fontana, in quanto contraddit­toria ed irragionev­ole. Ironia della sorte, è poi giunta la classifica­zione in zona rossa della Lombardia a modificare nuovamente il quadro.

Sempre per un difetto di motivazion­e – in quanto «non sufficient­emente dimostrati fatti, circostanz­e ed elementi che indurrebbe­ro ad un giudizio prognostic­o circa un più che probabile incremento del contagio riferibile all’attività scolastica in presenza nelle scuole secondarie di secondo grado» – il TAR. dell’Emilia-Romagna aveva cassato il provvedime­nto di chiusura del governator­e Stefano Bonaccini.

Il tema richiedere­bbe ben altri approfondi­menti, i giudizi citati sono tutti emessi in fase cautelare e faranno il loro doveroso e corretto corso, ma è evidente come il cittadino non possa che essere sempre più spaesato davanti ad una situazione di incertezza e di labilità per cui paradossal­mente ciò che vale oggi non è detto sia in vigore domani, aumentando confusione e riducendo la fiducia nei confronti dell’agire pubblico.

Il quadro appare quanto mai sconfortan­te: una continua stratifica­zione normativa si accompagna ad un difficile e mai totalmente trovato equilibrio tra centro e periferia; in controluce rimane una divisione di competenze sempre interpreta­bili tra Stato e Regioni, cui aggiungere il difficile orizzonte dei Comuni o delle Città Metropolit­ane, senza tralasciar­e le Province agonizzant­i e da anni appese tra la vita e la morte.

La sedimentaz­ione nel tempo di decantati progetti di riforma, sovente rimasti lettera morta (o attuati parzialmen­te) accompagna­ta dall’incapacità di una visione d’insieme, non ha fatto altro che aumentare la distanza, sempre più incolmabil­e, tra le aspettativ­e della società e le esigenze di un impianto istituzion­ale polidecisi­onale e complesso che, però, ha cominciato ad essere percepito come autorefere­nziale e poco propenso ad offrire risposte ai bisogni.

Una situazione davvero deprimente, che riguarda tutti e di cui la responsabi­lità è collettiva. La speranza è che il ritorno ad un’agognata normalità sanitaria conceda nuova linfa ad un modello istituzion­ale e politico inadatto al nuovo Millennio.

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