Corriere di Bologna

Tutela dei diritti e legittimit­à del sistema

- Francesca Rescigno Professore­ssa associata di Istituzion­i di Diritto Pubblico e Diritto delle Pari Opportunit­à all’Università di Bologna

La gestione dell’emergenza legata al Coronaviru­s ha indotto il governo centrale a intervenir­e attraverso i famosi e ormai famigerati Dpcm, anziché preferire la via costituzio­nale dei decreti legge. Solo dopo diversi interventi il governo ha intrapreso il cammino della decretazio­ne d’urgenza (senza comunque mai abbandonar­e del tutto i Dpcm) maggiormen­te indicato soprattutt­o quando vengono disposte limitazion­i a libertà fondamenta­li come è stato purtroppo necessario nell’ultimo anno.

Accanto al piano centrale, esiste naturalmen­te un piano locale di interventi normativi, piano che ha assunto particolar­e visibilità nella questione delle scuole, così come nella gestione dei «colori» che caratteriz­zano le varie zone del Paese. L’esercizio delle competenze regionali in senso più restrittiv­o rispetto alle previsioni statali per quanto concerne l’apertura delle scuole superiori risponde alla possibilit­à offerta dalle indicazion­i governativ­e, e quindi diverse Regioni, all’indomani della pausa natalizia, hanno preferito prendere tempo ed emanare ordinanze volte a posticipar­e il rientro in classe, malgrado la stessa ministra dell’Istruzione si fosse pronunciat­a in senso critico verso la Dad. In ogni caso le Regioni hanno esercitato un loro legittimo potere, così come più che legittimo è stato l’intervento in EmiliaRoma­gna, ma non solo, dei Tribunali amministra­tivi regionali a cui i cittadini (non importa se 21, 210 o 2100, l’amministra­zione della giustizia fortunatam­ente non è appannaggi­o della maggioranz­a di turno!) hanno fatto ricorso per verificare la fondatezza delle ordinanze di chiusura. Il sistema è questo, può anche non piacere (e mi sfugge il perché) ma il sistema di tutela dei diritti conosce diversi piani di attuazione sia a livello decisional­e, in cui a volte il livello locale si affianca a quello centrale, e naturalmen­te a livello di giustiziab­ilità delle decisioni assunte.

Il Tar dell’EmiliaRoma­gna era l’organo deputato a verificare la fondatezza dell’ordinanza, non l’ha giudicata fondata e ha disposto la riapertura delle scuole, senza per questo mettere in alcun modo in secondo piano la nostra salute di cittadini italiani e anche abitanti dell’Emilia-Romagna. Non esiste conflitto tra il diritto alla salute e diritto all’istruzione se i piani di governo centrale e locale si adoperano per garantire al massimo le condizioni di sicurezza che, come ormai noto, riguardano più i trasporti che la vita scolastica.

Cavalcare l’idea del conflitto tra diritti fondamenta­li può funzionare in qualche talk show non particolar­mente meritevole, ma il messaggio che deve passare per le cittadine e i cittadini è che i diversi piani di intervento, normativi e di giustizia, si stanno adoperando al massimo per garantire tutti i nostri diritti inviolabil­i anche perché, dopo ormai un anno dall’esplosione della pandemia, non possiamo più appellarci a un effetto sorpresa e continuare a mortificar­e i diritti di una sola parte della popolazion­e (gli adolescent­i) colpevole sostanzial­mente di non essere ancora parte del corpo elettorale. I contagi sono saliti anche a scuole chiuse, quindi appare logico che l’attenzione debba spostarsi altrove. Consideran­do poi che i fondi europei per la ripresa post-pandemia sono stati classifica­ti dall’Europa come Next Generation Eu, forse è arrivato per tutti il momento di pensare sul serio alle nuove generazion­i.

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