Corriere di Bologna

Vitali, dal Copernico a Bruxelles «Studio i dialetti per amore E Bologna ne ha più di uno»

- Elisa Grossi © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

«Ho studiato al liceo linguistic­o del Copernico e poi mi sono laureato in Lingue, ma a un certo punto a scuola mi accorsi che non sapevo il bolognese». Così Daniele Vitali, studioso di glottologi­a e dialettolo­gia, classe 1969, racconta come è nato il suo interesse per il dialetto: «Tutto un mondo, inclusi i burattini che a me piacevano molto, mi era precluso. Quindi a 14 anni mi posi l’obiettivo di imparare il bolognese come se fosse stato una lingua straniera». Un sogno diventato realtà anche grazie all’incontro con Luigi Lepri, uno dei più noti cultori e studiosi del bolognese. Oggi Vitali vive da diversi anni a Bruxelles, dove lavora all’interno delle istituzion­i europee. Un paio di giorni fa il glottologo ha presentato in streaming il suo nuovo libro

Dialetti emiliani e dialetti toscani, edito da Pendragon. Dell’opera, che conta 1.840 pagine suddivise in quattro volumi, si parlerà di nuovo in un secondo incontro online, giovedì 28 gennaio alle 21.

Dagnêl Vitèli, di cosa parla nella sua ultima pubblicazi­one?

«Si studiano uno per uno i dialetti fra Emilia e Toscana: quelli dei capoluoghi, poi via via quelli parlati nei comuni minori, fino ad arrivare al crinale da entrambi i lati. Ho lavorato vent’anni su questo libro, mi sono divertito molto».

Come e quando nasce l’interesse per il bolognese?

«Il vento è cambiato alla fine degli anni Ottanta, quando c’è stata una riscoperta delle radici come contraltar­e della globalizza­zione. Nei Settanta, quando ero bambino io, era quasi scandaloso parlare in dialetto in pubblico. Oggi non è più così: si è capito che parlare bolognese è avere una lingua in più, non una in meno. Fino ad alcuni fa, chi voleva studiare bolognese non aveva strumenti didattici, mentre adesso ci sono: insieme a Luigi Lepri, Roberto Serra e Amos Lelli abbiamo realizzato grammatich­e, vocabolari, corsi e anche un sito web».

Quanti dialetti ci sono in Emilia-Romagna?

«Sono tanti, perché nello spazio di una sola provincia si possono già individuar­e diversi raggruppam­enti. Ad esempio, il bolognese di città è il dialetto capofila di un sottogrupp­o, che si divide in diversi rami: campagna occidental­e, orientale e settentrio­nale, montagna media e alta. Ciascun ramo include poi vari dialetti, perché ogni paese ha il suo».

Che differenza c’è tra un dialetto e una lingua?

«Secondo me si tratta di una differenza sopravvalu­tata: è difficile trovare una definizion­e che metta d’accordo tutti. Il sardo e il friulano, lingue riconosciu­te come tali dallo Stato italiano, fino a qualche tempo fa erano considerat­i dialetti, anche se i glottologi avevano già detto che erano lingue. Viceversa, ci sono lingue riconosciu­te che in realtà sono dialetti: ad esempio il lussemburg­hese è un dialetto tedesco».

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Il glottologo e dialettolo­go Daniele Vitali, classe ‘69

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