La vitalità di Stravinskij
degli operatori del settore e giunge in un momento in cui, più che mai, quest’ambito necessita di fiducia, investimenti e spinta per radicarsi sul mercato e sul territorio».
Confermato anche il ruolo di primo piano della Cineteca di Bologna nella promozione della cultura cinematografica. Per l’archiviazione la Cineteca sarà poi accompagnata dell’associazione bolognese Home Movies, nel suo percorso di affermazione come archivio nazionale. Ribaditi anche il sostegno ai tanti festival in regione, la promozione del cinema di qualità nelle sale d’essai e le iniziative sul documentario a partire da «Doc in Tour». Dalla produzione alla distribuzione, è in arrivo anche un milione di euro per salvare le piccole sale cinematografiche in Emilia-Romagna. Aiuti che faranno seguito a una risoluzione approvata in Assemblea legislativa, annunciati da Federico Amico, consigliere regionale di Emilia-Romagna Coraggiosa. Un milione di euro per circa 200 sale con 3 o 4 schermi e da 500 a 800 posti. «Non essendo risorse infinite - sottolinea il consigliere - intendiamo rendere il più efficace possibile l’intervento, indirizzandolo dove questa misura di ristoro può fare la differenza». Per Amico non si tratta affatto di un’operazione venata di nostalgia: «Ovviamente lo sguardo va tenuto anche sulle innovazioni tecnologiche, ma il tessuto capillare e relazionale che le sale cinematografiche sanno intessere è qualcosa a cui non possiamo permetterci di rinunciare». di Luca Micheletti, la collaborazione della compagnia teatrale I Guitti, la produzione di CamerOperEnsemble e Fondazione Ravenna Manifestazioni, la direzione musicale di Angelo Bolciaghi. Torna naturalmente in streaming, alle 18, su ravennafestival.live, dove lo spettacolo rimarrà disponibile on demand. La storia, ispirata a una favola raccolta dal russo Afanasjev, racconta di un «patto» tra un soldato che va in licenza dalla guerra e il Diavolo. Ma il tema faustiano è abbassato a una storia molto più quotidiana, «borghese», secondo una tradizione già viva nell’Ottocento. Qui quello che scopriremo essere il Maligno si presenta come un innocuo vecchietto cacciatore di farfalle, e altri travestimenti adotterà nel prosieguo della storia. Almeno all’inizio non chiede di comprare l’anima, ma il violino del soldato. O che almeno questi gli insegni a suonarlo. Dell’opera ci sono la musica, la parola sulla musica, anche se recitata e non cantata, con certe parti del narratore a ritmo. Ci sono la danza e l’azione scenica. Ma ogni elemento ha forti margini di autonomia: è come uno di quei cibi «destrutturati» in cui ci sono tutti gli ingredienti della pietanza, ma separati.
Questa opera da camera fu pensata per essere facilmente trasportabile, dati i tempi: il sogno di Stravinskij e Ramuz era di montare tutto su un camion, arrivare in un luogo, tirare giù le sponde del mezzo, montare semplici scene e rappresentare. Per questo motivo anche i brani musicali, spesso delle suite strumentali, sono affidati a un’orchestra «completa» ma ridotta: uno strumento per i timbri acuti e uno per quelli gravi delle famiglie orchestrali, violino e contrabbasso, clarinetto e fagotto, tromba e trombone, percussioni.
La storia ha una morale del tipo: non è consentito avere tutto, la felicità è una. Il soldato riuscirà varie volte a sfuggire alle lusinghe e alle insidie del Diavolo, guarirà con la danza una principessa e la sposerà, ma alla fine non saprà controllare i propri desideri e rimarrà preda del Nemico. A proposito di danze: tutto il primo Novecento è complice della guarigione della principessa, con un tango, un valzer e un rapinoso rag-time suonati dal violino del soldato (e dall’orchestra). La musica d’uso, di balera e cabaret fumosi, si fa strada, nell’epoca del fango delle trincee, nei templi della musica classica. Scrive il regista: «Le evidenti analogie con il periodo storico in cui l’opera fu creata, la ricorrenza in memoria di Stravinskij, la dimensione quasi cameristica che risulta un vantaggio di fronte alle correnti restrizioni, l’attualità del tema – quello della ricerca della felicità e della riflessione su ciò che è essenziale e ciò a cui possiamo rinunciare… Tutto concorre a fare di questa produzione una magica coincidenza ma anche un motivo di consolazione e speranza: oltre cent’anni fa, Stravinskij e Ramuz seppero operare un geniale rilancio dell’arte. Oggi facciamo appello a quegli autori: più che ricostruirne lo spettacolo, ne ricostruiamo l’avventura».
” Filosofia Questa produzione è una magica coincidenza col periodo che tutti stiamo vivendo