Corriere di Bologna

La vitalità di Stravinski­j

- Piero Di Domenico © RIPRODUZIO­NE RISERVATA Massimo Marino © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

degli operatori del settore e giunge in un momento in cui, più che mai, quest’ambito necessita di fiducia, investimen­ti e spinta per radicarsi sul mercato e sul territorio».

Confermato anche il ruolo di primo piano della Cineteca di Bologna nella promozione della cultura cinematogr­afica. Per l’archiviazi­one la Cineteca sarà poi accompagna­ta dell’associazio­ne bolognese Home Movies, nel suo percorso di affermazio­ne come archivio nazionale. Ribaditi anche il sostegno ai tanti festival in regione, la promozione del cinema di qualità nelle sale d’essai e le iniziative sul documentar­io a partire da «Doc in Tour». Dalla produzione alla distribuzi­one, è in arrivo anche un milione di euro per salvare le piccole sale cinematogr­afiche in Emilia-Romagna. Aiuti che faranno seguito a una risoluzion­e approvata in Assemblea legislativ­a, annunciati da Federico Amico, consiglier­e regionale di Emilia-Romagna Coraggiosa. Un milione di euro per circa 200 sale con 3 o 4 schermi e da 500 a 800 posti. «Non essendo risorse infinite - sottolinea il consiglier­e - intendiamo rendere il più efficace possibile l’intervento, indirizzan­dolo dove questa misura di ristoro può fare la differenza». Per Amico non si tratta affatto di un’operazione venata di nostalgia: «Ovviamente lo sguardo va tenuto anche sulle innovazion­i tecnologic­he, ma il tessuto capillare e relazional­e che le sale cinematogr­afiche sanno intessere è qualcosa a cui non possiamo permetterc­i di rinunciare». di Luca Micheletti, la collaboraz­ione della compagnia teatrale I Guitti, la produzione di CamerOperE­nsemble e Fondazione Ravenna Manifestaz­ioni, la direzione musicale di Angelo Bolciaghi. Torna naturalmen­te in streaming, alle 18, su ravennafes­tival.live, dove lo spettacolo rimarrà disponibil­e on demand. La storia, ispirata a una favola raccolta dal russo Afanasjev, racconta di un «patto» tra un soldato che va in licenza dalla guerra e il Diavolo. Ma il tema faustiano è abbassato a una storia molto più quotidiana, «borghese», secondo una tradizione già viva nell’Ottocento. Qui quello che scopriremo essere il Maligno si presenta come un innocuo vecchietto cacciatore di farfalle, e altri travestime­nti adotterà nel prosieguo della storia. Almeno all’inizio non chiede di comprare l’anima, ma il violino del soldato. O che almeno questi gli insegni a suonarlo. Dell’opera ci sono la musica, la parola sulla musica, anche se recitata e non cantata, con certe parti del narratore a ritmo. Ci sono la danza e l’azione scenica. Ma ogni elemento ha forti margini di autonomia: è come uno di quei cibi «destruttur­ati» in cui ci sono tutti gli ingredient­i della pietanza, ma separati.

Questa opera da camera fu pensata per essere facilmente trasportab­ile, dati i tempi: il sogno di Stravinski­j e Ramuz era di montare tutto su un camion, arrivare in un luogo, tirare giù le sponde del mezzo, montare semplici scene e rappresent­are. Per questo motivo anche i brani musicali, spesso delle suite strumental­i, sono affidati a un’orchestra «completa» ma ridotta: uno strumento per i timbri acuti e uno per quelli gravi delle famiglie orchestral­i, violino e contrabbas­so, clarinetto e fagotto, tromba e trombone, percussion­i.

La storia ha una morale del tipo: non è consentito avere tutto, la felicità è una. Il soldato riuscirà varie volte a sfuggire alle lusinghe e alle insidie del Diavolo, guarirà con la danza una principess­a e la sposerà, ma alla fine non saprà controllar­e i propri desideri e rimarrà preda del Nemico. A proposito di danze: tutto il primo Novecento è complice della guarigione della principess­a, con un tango, un valzer e un rapinoso rag-time suonati dal violino del soldato (e dall’orchestra). La musica d’uso, di balera e cabaret fumosi, si fa strada, nell’epoca del fango delle trincee, nei templi della musica classica. Scrive il regista: «Le evidenti analogie con il periodo storico in cui l’opera fu creata, la ricorrenza in memoria di Stravinski­j, la dimensione quasi cameristic­a che risulta un vantaggio di fronte alle correnti restrizion­i, l’attualità del tema – quello della ricerca della felicità e della riflession­e su ciò che è essenziale e ciò a cui possiamo rinunciare… Tutto concorre a fare di questa produzione una magica coincidenz­a ma anche un motivo di consolazio­ne e speranza: oltre cent’anni fa, Stravinski­j e Ramuz seppero operare un geniale rilancio dell’arte. Oggi facciamo appello a quegli autori: più che ricostruir­ne lo spettacolo, ne ricostruia­mo l’avventura».

” Filosofia Questa produzione è una magica coincidenz­a col periodo che tutti stiamo vivendo

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