STELLANTIS E LA MOTOR VALLEY
In principio fu Airbus, il primo «campione europeo», nato al principio degli anni ‘70 dalla volontà di ben quattro Paesi (Germania, Francia, Regno Unito e Spagna) di mettere insieme le loro rispettive imprese aeronautiche. Negli anni ‘80 arrivò il tempo di STMicroelectronics, frutto di una cooperazione italofrancese nell’altrettanto strategica industria dei semiconduttori, dominata da grandi imprese americane e asiatiche. Decennio dopo decennio, arriviamo così a «campioni europei» dei nostri giorni quali EssilorLuxottica e Stellantis che, diversamente dagli altri due, ci portano dritti al cuore dell’economia del Nord-Est inteso in senso proprio (Triveneto ed Emilia-Romagna). E questa non è l’unica differenza fra i casi menzionati. I primi due sono grandi gruppi industriali nati per decisione del Principe (i governi e le società controllate, l’Iri nel caso italiano): decisioni illuminate se, a distanza di tanti anni, giudichiamo i risultati conseguiti sia da Airbus che da STM. Gli altri due sono gruppi nati sui mercati a seguito di operazioni di fusione e acquisizione che danno sostanza alla cosiddetta crescita per via esterna delle imprese. Ma tutti e quattro rappresentano riusciti esempi di ciò che accade sul mercato interno europeo — il più grande al mondo — ove esiste piena libertà di circolazione dei fattori della produzione (beni, servizi, persone, capitali). Una accentuazione del profilo europeo dell’economia emiliano-romagnola è, dunque, la prima positiva conseguenza della fusione Fca-Psa.
Fusione che ha dato vita al quarto produttore di automobili al mondo. Potremmo chiamarlo l’effetto «campione europeo, tendenza globale». Ma c’è anche un effetto più diretto per l’economia dell’Emilia-Romagna dipendente dalla nascita di Stellantis? La parte italiana, che fa capo alla Exor della famiglia Agnelli — John Elkann è il presidente della nuova società con i francesi — ha, infatti, portato in dote la storica presenza della Maserati a Modena. Per cercare di rispondere alla domanda, è necessario fare qualche passo indietro. Nel settembre scorso sono stati presentati i nuovi modelli che verranno prodotti nella rinnovata fabbrica modenese, in particolare la nuova super sportiva MC20 (anche in versione ibrida). Qualche giorno fa, Carlo Tavares — il nuovo amministratore delegato di Stellantis, già capo azienda di Psa — rispondendo da Torino alle domande dei giornalisti ha parlato di una fusione «che farà da scudo agli impianti italiani. Non chiuderemo nessun sito, grazie all’effetto scala e alla possibilità di creare veicoli con costi minori. Rilanceremo Alfa Romeo e Maserati» (Corriere della Sera, 20 gennaio). Secondo i dati diffusi dalla Fim Cisl Emilia Centrale, «nello stabilimento modenese lavorano circa 250 persone nella parte strettamente produttiva, mentre con gli indiretti e i progettisti arriviamo a oltre 1.500 occupati». E la storia non finisce qui, giacché Modena è un nodo di fondamentale importanza di una più vasta rete: quella che si è soliti chiamare Motor Valley. Sì, una «valle» che da Varano de’ Melegari nel Parmense, passando per Bologna, arriva in Romagna: molto manifatturiero. di più di un distretto industriale. La fabbricazione di mezzi di trasporto, dicono i dati Istat, significa in EmiliaRomagna il 10% circa del valore aggiunto
Vi è poi il 30% circa derivante dalla fabbricazione di macchinari e apparecchiature, produzione di elettronica, ottica e computer. In questa importantissima branca della manifattura emiliana, sempre più interrelata con il mondo dell’information technology, operano molti fornitori di primo piano dell’automotive. Una branca che si rivelerà cruciale per sostenere il concreto sviluppo dei piani di innovazione annunciati da Maserati: elettrificazione e guida autonoma. Questa transizione dalla tradizionale industria dell’auto a quella nuova, che si sta sviluppando all’insegna della sostenibilità ambientale e della digitalizzazione, è una grande sfida, e come sempre nei momenti di passaggio non mancano le incognite.
Guardando le cose dalla Motor Valley, tre fattori aiutano a guardare al prossimo futuro con ragionevole fiducia. Il primo ha a che fare con la presenza a Modena di un presidio di un «campione europeo», e lo stesso accade a Sant’Agata Bolognese (Audi-Vw proprietaria di Lamborghini): questo fatto aumenta le possibilità di condividere, all’interno dei gruppi, i risultati della R&S; in una parola, nuova conoscenza.
Il secondo riguarda la filiera esistente, più sopra ricordata, che ha nella meccatronica uno dei suoi punti di forza. Ora, la «ricombinazione» di tecnologie, per dirla con il MIT di Boston, è uno dei tratti caratteristici della nuova rivoluzione industriale (Industria 4.0). Chi è stato capace di mettere insieme meccanica ed elettronica si trova in una posizione privilegiata per continuare a spostarsi in direzione della frontiera del progresso tecnologico.
Il terzo chiama in gioco la formazione delle risorse umane, in particolare l’eccellenza della nostra istruzione terziaria (ITS, università, postlaurea), che ha nella Motorvehicle University of Emilia-Romagna il suo fiore all’occhiello.