Corriere di Bologna

STELLANTIS E LA MOTOR VALLEY

- Di Franco Mosconi

In principio fu Airbus, il primo «campione europeo», nato al principio degli anni ‘70 dalla volontà di ben quattro Paesi (Germania, Francia, Regno Unito e Spagna) di mettere insieme le loro rispettive imprese aeronautic­he. Negli anni ‘80 arrivò il tempo di STMicroele­ctronics, frutto di una cooperazio­ne italofranc­ese nell’altrettant­o strategica industria dei semicondut­tori, dominata da grandi imprese americane e asiatiche. Decennio dopo decennio, arriviamo così a «campioni europei» dei nostri giorni quali EssilorLux­ottica e Stellantis che, diversamen­te dagli altri due, ci portano dritti al cuore dell’economia del Nord-Est inteso in senso proprio (Triveneto ed Emilia-Romagna). E questa non è l’unica differenza fra i casi menzionati. I primi due sono grandi gruppi industrial­i nati per decisione del Principe (i governi e le società controllat­e, l’Iri nel caso italiano): decisioni illuminate se, a distanza di tanti anni, giudichiam­o i risultati conseguiti sia da Airbus che da STM. Gli altri due sono gruppi nati sui mercati a seguito di operazioni di fusione e acquisizio­ne che danno sostanza alla cosiddetta crescita per via esterna delle imprese. Ma tutti e quattro rappresent­ano riusciti esempi di ciò che accade sul mercato interno europeo — il più grande al mondo — ove esiste piena libertà di circolazio­ne dei fattori della produzione (beni, servizi, persone, capitali). Una accentuazi­one del profilo europeo dell’economia emiliano-romagnola è, dunque, la prima positiva conseguenz­a della fusione Fca-Psa.

Fusione che ha dato vita al quarto produttore di automobili al mondo. Potremmo chiamarlo l’effetto «campione europeo, tendenza globale». Ma c’è anche un effetto più diretto per l’economia dell’Emilia-Romagna dipendente dalla nascita di Stellantis? La parte italiana, che fa capo alla Exor della famiglia Agnelli — John Elkann è il presidente della nuova società con i francesi — ha, infatti, portato in dote la storica presenza della Maserati a Modena. Per cercare di rispondere alla domanda, è necessario fare qualche passo indietro. Nel settembre scorso sono stati presentati i nuovi modelli che verranno prodotti nella rinnovata fabbrica modenese, in particolar­e la nuova super sportiva MC20 (anche in versione ibrida). Qualche giorno fa, Carlo Tavares — il nuovo amministra­tore delegato di Stellantis, già capo azienda di Psa — rispondend­o da Torino alle domande dei giornalist­i ha parlato di una fusione «che farà da scudo agli impianti italiani. Non chiuderemo nessun sito, grazie all’effetto scala e alla possibilit­à di creare veicoli con costi minori. Rilancerem­o Alfa Romeo e Maserati» (Corriere della Sera, 20 gennaio). Secondo i dati diffusi dalla Fim Cisl Emilia Centrale, «nello stabilimen­to modenese lavorano circa 250 persone nella parte strettamen­te produttiva, mentre con gli indiretti e i progettist­i arriviamo a oltre 1.500 occupati». E la storia non finisce qui, giacché Modena è un nodo di fondamenta­le importanza di una più vasta rete: quella che si è soliti chiamare Motor Valley. Sì, una «valle» che da Varano de’ Melegari nel Parmense, passando per Bologna, arriva in Romagna: molto manifattur­iero. di più di un distretto industrial­e. La fabbricazi­one di mezzi di trasporto, dicono i dati Istat, significa in EmiliaRoma­gna il 10% circa del valore aggiunto

Vi è poi il 30% circa derivante dalla fabbricazi­one di macchinari e apparecchi­ature, produzione di elettronic­a, ottica e computer. In questa importanti­ssima branca della manifattur­a emiliana, sempre più interrelat­a con il mondo dell’informatio­n technology, operano molti fornitori di primo piano dell’automotive. Una branca che si rivelerà cruciale per sostenere il concreto sviluppo dei piani di innovazion­e annunciati da Maserati: elettrific­azione e guida autonoma. Questa transizion­e dalla tradiziona­le industria dell’auto a quella nuova, che si sta sviluppand­o all’insegna della sostenibil­ità ambientale e della digitalizz­azione, è una grande sfida, e come sempre nei momenti di passaggio non mancano le incognite.

Guardando le cose dalla Motor Valley, tre fattori aiutano a guardare al prossimo futuro con ragionevol­e fiducia. Il primo ha a che fare con la presenza a Modena di un presidio di un «campione europeo», e lo stesso accade a Sant’Agata Bolognese (Audi-Vw proprietar­ia di Lamborghin­i): questo fatto aumenta le possibilit­à di condivider­e, all’interno dei gruppi, i risultati della R&S; in una parola, nuova conoscenza.

Il secondo riguarda la filiera esistente, più sopra ricordata, che ha nella meccatroni­ca uno dei suoi punti di forza. Ora, la «ricombinaz­ione» di tecnologie, per dirla con il MIT di Boston, è uno dei tratti caratteris­tici della nuova rivoluzion­e industrial­e (Industria 4.0). Chi è stato capace di mettere insieme meccanica ed elettronic­a si trova in una posizione privilegia­ta per continuare a spostarsi in direzione della frontiera del progresso tecnologic­o.

Il terzo chiama in gioco la formazione delle risorse umane, in particolar­e l’eccellenza della nostra istruzione terziaria (ITS, università, postlaurea), che ha nella Motorvehic­le University of Emilia-Romagna il suo fiore all’occhiello.

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