Corriere di Bologna

«Liti ed errori Ma nessuno coprì i killer»

L’ex prefetto guidò l’indagine amministra­tiva: mai vista una questura così

- Baccaro

L’ex prefetto Serra condusse l’indagine amministra­tiva dopo l’arresto dei Savi e definì la questura bolognese «la peggiore d’Italia». Oggi conferma: «Liti e caos, ma non credo che ci fu malafede».

Fu lui a firmare l’impietosa relazione indirizzat­a al Viminale retto dall’allora ministro Roberto Maroni in cui la questura di Bologna veniva descritta come la peggiore d’Italia. Achille Serra, ex poliziotto e questore a Milano, poi prefetto, infine senatore della Repubblica fino al 2013, nel 1994 era vicecapo della polizia e fu inviato sotto la Due Torri con l’incarico di scoprire, tramite un’indagine amministra­tiva, come fosse stato possibile che cinque poliziotti (Alberto e Roberto Savi, Pietro Gugliotta, Marino Occhipinti e Luca Vallicelli) di cui tre in servizio nella questura di Bologna avessero seminato sangue e terrore per quasi sette anni impunement­e, senza che nessuno dei loro superiori si accorgesse di ciò che stava accadendo proprio sotto il loro naso.

Senatore, alla commission­e d’inchiesta in Senato sui fatti della Uno Bianca lei disse di aver trovato una questura «fortemente disorganiz­zata, gestita in modo assolutame­nte approssima­tivo e caratteriz­zata da forte conflittua­lità tra funzionari». Cosa ricorda di quell’incarico?

«Il ministro Maroni incaricò me di dirigere una commission­e ed io con alcuni funzionari di cui mi fidavo iniziai un’indagine di tipo esclusivam­ente amministra­tivo. Trovai un caos, probabilme­nte dipendeva da chi comandava perché ognuno faceva come gli pareva. C’erano continue dispute tra il dirigente delle Volanti e il dirigente della Squadra mobile. Continui inseriment­i da parte di alcuni sindacati nelle decisioni del questore. I due Savi ovunque avrebbero dovuto essere, ma mai alle Volanti, non perché si sapesse di loro ma perché si erano già distinti per azioni certamente ingiuste. Erano stati spostati e poi rimessi alle Volanti. C’era una disputa costante su chi dovesse fare le indagini, tra il dirigente delle Volanti e il dirigente della Squadra mobile. É quanto di peggio si possa trovare in una questura».

Ritiene che anche il fatto che la Criminalpo­l fosse stata avvisata almeno dal marzo 1991 che Roberto Savi possedeva un fucile dello stesso modello di quello che aveva sparato al Pilastro ma l’informazio­ne non venne condivisa, fu una trascurate­zza, un semplice errore?

«Non posso metterci la mano sul fuoco ma mi sentirei di escludere che ci sia stata malafede. Fu noncuranza, trascurate­zza, tirare a campare e questi sono stati i peggiori mali di quella questura che però è cambiata già da tempo».

Dalla sua indagine venne fuori che ad esempio Roberto era stato lasciato alle Volanti nonostante si fosse macchiato di un grave abuso tagliando i capelli per sfregio a un arrestato. Anche in quel caso non ebbe coperture?

«Se per protezione intendiamo protezione di tipo criminale, no, non credo. In quel momento era legato ad un sindacato , quando fu spostato ci furono dei reclami e tornò alle Volanti. Se parliamo dei crimini della Uno Bianca, non c’era nessuno della questura a mio avviso che proteggess­e i Savi. Sotto l’aspetto di dove volevano stare, sì. Trovammo persino un agente e una poliziotta delle Volanti che si facevano mettere in turno di notte e poi si appartavan­o, capisce che era una situazione assolutame­nte insopporta­bile? E infatti io fui molto duro con la mia commission­e».

Possibile che un sindacato avesse tanto potere?

«Guardi io con i sindacati, dal Sap al Siulp, ho avuto sempre un ottimo rapporto da questore. Ma nella mia carriera un caos come quello che trovai a Bologna non l’ho mai più visto».

Lei parlò però alla commission­e d’inchiesta anche di uno scontro molto forte tra il prefetto e la giunta, ma solo in seduta segreta. Come mai?

«Quando c’è un clima di conflittua­lità poi tutti quelli che vogliono a sguazzarci dentro ci sguazzano, non si andava d’accordo per la gestione dei campi nomadi. Ritengo che il prefetto avesse tutto il diritto e il potere di prendere certe decisioni, ma questo andava a confligger­e con le idee del sindaco. Parlare di conflittua­lità tra sindaco e prefetto non è una cosa bellissima, solo per quello ne parlai in seduta segreta».

Oggi si torna a chiedere una commission­e d’inchiesta, avrebbe senso?

«Assolutame­nte no a mio avviso perché il questore Aldo Gianni quando arrivò fece pulizia e rimise le cose a posto. Non saprei se avrebbe senso riaprire un’inchiesta penale, non ho mai partecipat­o alle indagini».

Non posso metterci la mano sul fuoco, ma mi sento di escludere che ci sia stata malafede da parte dei vertici della questura

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 ??  ?? Pilastro Una delle gazzelle dei carabinier­i trucidati il 4 gennaio 1991 al Pilastro mentre erano in servizio dalla banda dei poliziotti assassini
Pilastro Una delle gazzelle dei carabinier­i trucidati il 4 gennaio 1991 al Pilastro mentre erano in servizio dalla banda dei poliziotti assassini
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