LE VIOLENZE SI MOLTIPLICANO
Il nazionalista Enrico Corradini parla, nelle sale del Liceo musicale, della «nuova Italia vittoriosa», invitando la borghesia a farsi valere contro ogni «tirocinio di rammollimento».
Una guardia regia di servizio a Milano, in licenza, è stata uccisa a Casteldebole da un gruppo di facinorosi che provenivano dalla cooperativa «Luce Proletaria» sventolando due bandiere nere.
AModena, in seguito ad una sparatoria durante i funerali di un fascista, rimangono uccisi il nazionalista Orlando Antonini, che risiedeva a Bologna in via Torleone 32 e il ventiduenne fascista Augusto Baccolini. Si decide di far celebrare i funerali a Bologna.
Nella notte tra il 24 e il 25 gli squadristi assaltano e devastano la Camera del Lavoro di via D’Azeglio, incendiando la «tipografia proletaria» e l’auto di servizio. Si dice che i fascisti abbiano impedito ai pompieri di intervenire. Il prefetto ordina per motivi di sicurezza pubblica il divieto di assembramenti e la circolazione degli autoveicoli. Contrariamente alle aspettative, la giornata inizia senza sciopero e solo in tarda mattinata alcuni servizi pubblici vengono interrotti per protesta.
Preso a fucilate, nei pressi di Zola Predosa, un camion di carabinieri. Le forze dell’ordine fanno irruzione nella locale Casa del Popolo dove sequestrano una pistola, una roncola e un pugnale. Decine gli arrestati tra cui il sindaco di Zola, Gregorio Boni e il calzolaio Enrico Bortolotti, assessore.
Percosso dai fascisti, mentre si trovava al Caffè San Pietro, Guglielmo Castelvetri, ex assessore della giunta socialista.
Grande folla ai funerali di Antonini e Baccolini. Le «camicie nere» e le squadre dei «Sempre Pronti» controllano la cerimonia che ha inizio nelle rispettive camere ardenti in via Belle Arti e Marsala. Durante il percorso scoppiano tafferugli causati da comportamenti ritenuti poco riguardosi. Sotto il Pavaglione un gruppo di fascisti colpisce un uomo che non si era tolto il cappello, ma ben presto, riportano i giornali, si chiarisce «che si è trattato di una semplice distrazione».
Il governo Giolitti ordina la revoca del porto d’armi a Modena, Ferrara e Bologna. Il decreto scatena una forte resistenza del Comitato d’azione delle Associazioni politiche, patriottiche ed economiche che invita i cittadini a disubbidire e a non consegnare le armi.