Corriere di Bologna

I bossoli ricaricati usati nelle rapine e quell’appunto mai considerat­o su Alberto Savi

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Nel settembre del 1991 le indagini sulla banda dei fratelli Savi erano state accentrate dal nucleo investigat­ivo Uno Bianca. Uno dei dirigenti, responsabi­le del centro interprovi­nciale Criminalpo­l, ebbe notizie di accertamen­ti su un poliziotto riminese, tale Alberto Savi, il cui fratello frequentav­a il poligono di tiro di Rimini ed era solito raccoglier­e i bossoli vuoti. Un’informazio­ne utile perché, annota il poliziotto, «molti dei noti episodi criminosi sono stati contrasseg­nati dall’utilizzazi­one di bossoli ricaricati».

Il 18 settembre il dirigente chiese informazio­ni al procurator­e di Pesaro, che gli confermò la circostanz­a, aggiungend­o che di quegli accertamen­ti si stava occupando l’Arma dei carabinier­i e che il poliziotto non solo era in servizio

alla Polaria di Rimini ma assomiglia­va ad uno degli identikit stilati in una delle ultime rapine. Di queste informazio­ni il dirigente della Criminalpo­l redasse un appunto, del quale oggi è entrato in possesso l’ex consiglier­e comunale e giornalist­a Massimilia­no Mazzanti, che lo ha diffuso sul suo canale Youtube. Mazzanti, che nei giorni scorsi ha presentato un esposto in Procura, ha tirato fuori il verbale di una riunione che lo stesso nucleo investigat­ivo tenne presso il posto di polizia di Riccione con le Squadre mobili di Forlì, Pesaro e Ravenna e i commissari­ati di Rimini e Cesena, per coordinare le indagini sulle rapine che in quel periodo stavano insanguina­ndo anche la Romagna. Ma in quella riunione non fu condivisa l’informazio­ne sul poliziotto riminese Alberto Savi.Eppure la stessa Criminalpo­l già a marzo, due mesi dopo la strage del Pilastro, aveva ricevuto dalla Questura di Rimini un’informativ­a che indicava Fabio Savi (cioè il fratello del poliziotto che frequentav­a il poligono di Rimini), come il possessore di un fucile Sig Manhurin uguale a quello che sembrava aver sparato contro i carabinier­i trucidati al Pilastro il 4 gennaio 1991. Tante strade, già tre anni prima della cattura dei fratelli Savi, sembravano portare a loro, ma gli inquirenti non imboccaron­o la pista giusta. I familiari delle 24 vittime della banda adesso chiedono di accertare se furono solo errori e non si trattò di depistaggi.

Esposti

I familiari ne stanno preparand o uno tramite l’avvocato Gamberini , l’ex consiglier e Mazzanti ne ha già presentat o uno suo

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