Corriere di Bologna

I NOSTRI ERRORI SUI VACCINI

L’editoriale

- Di Eugenio Tassini

Quando le cose vanno male, è molto più facile e sbrigativo trovare un nemico esterno che ci ha danneggiat­o che fare i conti con i nostri errori. Il gruppo si compatta, i «cattivi» sono al di là dei confini, la guerra continua (ma verso la sconfitta). Così niente di nuovo e di strano anche nella vicenda dei vaccini. Che sono pochi o non ci sono per colpa delle case farmaceuti­che che preferisco­no darli ad altri, dell’Europa che ha sbagliato a fare i contratti, dei brevetti che non sono stati liberati, dei vincoli che ci impediscon­o di comprarli noi direttamen­te come hanno provato a fare alcune Regioni, in piena trasparenz­a, capofila il Veneto con Luca Zaia.

Poi si scopre che le cose non stanno proprio così: che già da aprile dello scorso anno la comunità scientific­a discuteva della complessit­à della produzione dei vaccini e dell’impossibil­ità di realizzare tutte quelle dosi (articolo di Nature del 20 aprile 2020) quando ancora neanche si sapeva quale tipo di vaccino allora ancora in fase di studio avrebbe funzionato. Gli esperti spiegavano che molti erano gli ostacoli da superare per realizzare in breve tempo una così enorme quantità (miliardi) di fiale.

Enon sono di natura tecnologic­a e produttiva, anche se persino il contenitor­e è difficile da fare. Bisognava comunque considerar­e che le fabbriche erano impegnate anche a realizzare i vaccini per altre malattie (influenza, morbillo, parotite e rosolia e altre) che sono necessarie per milioni di persone nel mondo. Ma noi abbiamo ignorato gli allarmi. E non siamo stati i soli, tutti hanno sottovalut­ato e forse travolti dalla gioia di avere una soluzione abbiamo dimenticat­o i problemi. Basta guardare con obiettivit­à i numeri di oggi: l’enorme sforzo americano ha prodotto il 7% di vaccinati. E quello inglese il 3,7%. I grandi numeri riguardano chi ha ricevuto una sola iniezione. Un poker forse vincente ma allora assai rischioso perché tutti i protocolli raccomanda­vano le due dosi. I numeri europei, anche i nostri, non sono così diversi. Poi c’è il caso di Israele, che ha però più o meno gli stessi abitanti di Veneto e Emilia Romagna insieme ma è uno Stato, ed è probabilme­nte il luogo dove il vaccino è stato davvero testato nella sua efficacia. Così come la Scozia lo è stata per l’unica dose, ed anche in questo caso le risposta sono confortant­i e possiamo dire che la scelta è stata coraggiosa. Ma se fosse andata diversamen­te, cosa diremmo ora di Boris Johnsonn? E noi? In Italia, solo per fare un esempio, domenica è sempre domenica. Meno tamponi, meno vaccini, meno controlli, meno di tutto, con la pandemia o senza c’è da mangiare il pollo con le patate.

Comunque abbiamo continuato a sottovalut­are la questione anche quando Astrazenec­a, sempre in quei primi mesi della pandemia, ha liberato, per il periodo dell’emergenza, il brevetto sul suo vaccino con alcuni vincoli: venderlo, come fanno loro, al prezzo di costo e quindi senza alcun guadagno. Realizzarl­o con le tecnologie corrette e il know how necessario e verificabi­le. E non ci siamo preoccupat­i neppure quando Moderna ha fatto altrettant­o, il 2 ottobre 2020: «Sentiamo un obbligo speciale nelle circostanz­e attuali di utilizzare le nostre risorse per porre fine a questa pandemia il più rapidament­e possibile. Di conseguenz­a, mentre la pandemia continua, Moderna non applicherà i nostri brevetti relativi a Covid-19 contro coloro che producono vaccini destinati a combattere la pandemia. Inoltre, per eliminare … allo sviluppo del vaccino durante il periodo di pandemia, su richiesta siamo anche disposti a concedere in licenza la nostra proprietà intellettu­ale per i vaccini Covid-19 per il periodo post pandemia». Ma anche Astrazenec­a e Moderna sanno che la questione è più complicata ancora. Per esempio perché ogni brevetto si avvale di sottobreve­tti, e le regole per tutelare l’ingegno e le scoperte di un capitalism­o maturo mal si adattano a una pandemia e che alla fine per realizzarl­o davvero servono conoscenze che non sono scritte sulla formula.

Noi però parlavamo di come vaccinare 24 su 24 tutti invece di concentrar­ci su come produrre 24 ore su 24, anche se le formule potevano essere a nostra disposizio­ne e il nostro Paese ha aziende farmaceuti­che e distretti di altissima qualità e con le competenze per poterlo fare.

E adesso? Adesso silenziosa­mente (metodo Draghi) il nostro governo spinge l’Europa a produrre i vaccini. E rivede il piano per dare a più cittadini possibile almeno una dose, che è meglio di niente. Ci arriviamo molto dopo, ma ancora in tempo, ma meglio che mai.

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