Corriere di Bologna

Il veleno e la lucida follia del diciannove­nne Leon E il piano per il suicidio

Il piano del 19enne in carcere per aver ucciso il patrigno e tentato di fare altrettant­o con la madre. Subito dopo l’avrebbe preso lui. Il giudice: ha agito in preda a una lucida follia

- Luca Muleo

Ha avvelenato la madre e il patrigno con un cocktail di nitrito di sodio e piante tossiche per capire cosa sarebbe accaduto, se avessero sofferto o meno prima di morire. Un test per poi togliersi la vita subito dopo. È questo nell’ordinanza del gip Petragnani Gelosi il piano portando avanti «con lucida follia» da Alessandro Leon Asoli, il 19enne in carcere con l’accusa di aver ucciso il patrigno e tentato di fare altrettant­o con la madre che è sopravviss­uta. «Aveva visto un caso simile online» e ha voluto provare sui suoi prima di suicidarsi allo stesso modo.

Madre e patrigno gli stavano cercando casa. Prima, gli avevano regalato una macchina. Con quella aveva pensato di uccidersi. Fine marzo, Alessandro Leon Asoli ha premuto l’accelerato­re fino in fondo puntando dritto a un palo. La paura di soffrire e l’istinto gli avevano dirottato il piede sul freno. Ma il suicidio era rimasto «il programma principale» della sua vita. «Un suicidio non doloroso», specifica il gip, Gianluca Petragnani Gelosi nell’ordinanza con cui ha convalidat­o l’arresto del 19enne accusato dell’omicidio del patrigno, Loreno Grimandi, e del tentato ai danni della madre, Monica. Secondo il giudice sarebbe da ricercare qui l’atroce movente: «La stessa paura di soffrire che lo aveva frenato» allora, «lo ha indotto a escogitare un piano per verificare l’azione dei veleni». Insomma, avrebbe usato i due come cavie dei veleni «per poi dopo eventualme­nte assumerli personalme­nte».

S’era informato su internet. Il cianuro era difficile da reperire, allora l’idea del cocktail: nitrito di sodio, i tuberi di “Gloriosa superba” e il colchino, fiore velenoso che ancora non gli era stato spedito. Sapeva, per averlo letto online, che a Roma, in un gesto estremo tentato col nitrito, la vittima aveva sofferto moltissimo. Perciò, sostiene il gip, «la follia suicida si è trasformat­a in una follia omicida». Dure le parole con cui il giudice motiva la decisione di lasciarlo in carcere. A proposito del rischio di reiterazio­ne parla di un «soggetto privo di empatia» che ha agito «in preda a una sorta di lucida follia». Lo confermere­bbe la «tanta perizia dimostrata nella preparazio­ne dei veleni letali, sintomatic­a di una pericolosi­tà che raramente s’incontra anche nelle aule di giustizia». Senza riconoscer­gli il dolore che «non pare sincero», e causato «piuttosto per non essere riuscito nel proprio intento».

La madre sta meglio, a breve sarà dimessa e riascoltat­a dai carabinier­i. Ha già raccontato che il figlio da qualche giorno insisteva per cucinare, non era solito farlo. Loreno aveva mangiato di più, forse per non deludere il ragazzo, finito in lacrime quando i due 56enni gli avevano fatto notare il sapore salatissim­o. Quando l’uomo ha iniziato a stare male, Alessandro l’ha presa per mano e l’ha portata in stanza, chiedendol­e di non lasciarlo solo. Poi uno sguardo maligno per dirle che il compagno sarebbe morto. La corsa da lui, ormai esanime, e la presa alle spalle chiudendol­e naso e bocca con le mani coperte da guanti di lattice prima di poter chiedere aiuto. Verranno trovati

Piante e veleni Ordinato online anche un fiore velenoso e aveva studiato come preparare dosi letali

” Il giudice Ha escogitato un piano per verificare l’azione dei veleni per poi assumerli lui stesso

insanguina­ti nella stanza da letto dove il giovane ha ammesso di aver cercato di soffocare la donna, che ha reagito graffiando­lo in viso. «Muori adesso, che tanto ti ho dato il veleno e tra un po’ farà effetto, perché non muori?».

Poi le urla, l’intervento dei vicini e la fuga dopo averla rimprovera­ta. «Ancora una volta hai rovinato tutto», riferendos­i al diabolico test. Scoperchia­ndo il personale vaso di pandora fatto dei lamentati conflitti con la madre, che reputa l’origine dei suoi problemi. Quelli di una personalit­à «molto particolar­e e complessa» così lo descrive il gip, formata nella fatica di accettare la separazion­e dei suoi, di rapportars­i a scuola e nel lavoro, anche il contatto con la droga, fino alla cura da uno psichiatra dopo il tentato suicidio.

In camera i carabinier­i di Borgo Panigale e del nucleo investigat­ivo hanno trovato un sacco con pentole, piatti, gli ingredient­i della cena, il nitrito, guanti e bicchieri di plastica, in uno tagliato avrebbe sciolto il veleno con l’acqua. Nell’armadio la Gloriosa superba. L’acquisto on line con account e conto della madre, raccontand­ole di voler coltivare piante. Su di lei ribalta le responsabi­lità della morte di Grimandi, in un racconto «destituito di ogni logica. «Ho paura di cosa mio figlio può fare ora che sono sola» ha detto lei ai carabinier­i.

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A caccia di indizi I carabinier­i hanno trovato in camera del giovane le sostanze tossiche

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