«La mia università: ricerca, fondi Pnrr, lezioni in presenza»
Subito un pensiero per Zaki: «Riportiamolo qui»
Giovanni Molari è il nuovo rettore dell’Alma Mater. Il docente di Meccanica agraria, 47 anni, si è imposto per 550 voti sulla giurista Giusella Finocchiaro. Affluenza alta, 90% circa, 5013 le schede scrutinate. A Finocchiaro sono andati 1274,64 voti ponderati, a Molari 1825,01. «Siamo una grande comunità e l’obiettivo di tutti noi è tenerla unita nei prossimi sei anni, camminando insieme come è stato fatto finora», le prime parole del nuovo Magnifico.
Una competizione, una battaglia, un’esperienza che Giusella Finocchiaro ricorderà per le persone incontrate che l’hanno resa più ricca dal punto di vista umano e che vorrà far proseguire con la propria volontà di rimanere a disposizione di un’istituzione che ama.
Il sogno della giurista e presidente della Fondazione del Monte di diventare la prima rettrice dell’Università più antica del mondo occidentale si è infranto di fronte alla vittoria del suo sfidante al ballottaggio, Giovanni Molari, direttore del dipartimento di Scienze e Tecnologie agroalimentari. Un sogno che, a un certo punto, è diventato appunto una battaglia, proprio come l’ha definita nel suo discorso a conclusione dello scrutinio, ma pur sempre giusta e nella quale ha creduto fino alla fine: «Sono contenta di averla combattuta per la nostra Università — ha detto con occhi lucidi —, per una Università più aperta, più autorevole, più forte». Ed è anche per questo che, al di là del risultato, non ha potuto che dirsi soddisfatta dei mesi passati in nome di un’istituzione alla quale avrebbe voluto dare un ruolo strategico in Europa e che avrebbe voluto trasformare in una sorta di hub digitale del patrimonio culturale. Un ateneo, insomma, che rispecchiasse le sue passioni e i suoi interessi: del resto con il suo curriculum internazionale, spesso considerato il suo «punto debole» durante la campagna elettorale, avrebbe voluto puntare a portarsi a casa quanti più fondi possibile del Pnrr. La dedizione, in tutto questo, ha rivendicato essere stata tanta, tantissima, tanto da essere pronta a rinunciare ai suoi altri incarichi professionali e istituzionali. È stata una battaglia «leale e aperta — ha poi aggiunto — basata sui programmi e sui contenuti; cercando di trovare le radici della storia ma cercando anche un percorso di rinnovamento».
Da qui «lo spirito di servizio»
per una causa nella quale ha creduto fino alla fine, nonostante l’amarezza di essere stata lasciata sola dopo la prima tornata di votazioni, quando gli altri tre candidati hanno ufficializzato il proprio appoggio al suo sfidante. Questo è stato forse l’unico momento nel quale si è trovata costretta a parlare di «logiche ormai vecchie e superate» non rispondenti all’attuale ateneo, un «patto di potere» che è stato anteposto «a un programma e a una visione di ampio respiro».
Tutto ciò non le ha impedito di chiudere il suo discorso ringraziando ogni persona incontrata, tante «generose e pronte», pur sempre a voce spezzata. Poi, l’augurio al nuovo Magnifico e via da palazzo Poggi. Spedita lungo il corridoio.