La giostra che non c’è più
L’installazione di Petri e Paselli davanti al Museo di Ustica Le polemiche degli adulti e la grande curiosità dei bambini Il bilancio di una provocazione. L’artista: «C’è chi ci ha detto che quelle urla di gioia gli ricordavano quelle della tragedia»
La giostra non c’è più, è stata smantellata, se n’è andata senza lasciare scie chimiche in cielo, ma segni inaspettati a terra. Ha fatto discutere, soprattutto sui social e sotto i portici, l’installazione artistica del duo PetriPaselli che per tre soli giorni ha animato il Parco della Zucca e le commemorazioni della strage di Ustica. Quella battaglia aerea proveniente dal Luna Park che ha fatto divertire intere generazioni, lì accanto all’opera di Boltanski e a un mare di dolore ha fatto scalpore soprattutto fra gli adulti. L’impatto è stato forte, nonostante avesse l’avallo dell’associazione dei familiari delle vittime e una curatela autorevole come quella del direttore del Mambo, Lorenzo Balbi. Per capire meglio però bisogna andare sul posto, vedere e ascoltare, sempre. Ecco allora che la tre giorni del giro di giostra, «perché tenerla lì più tempo rischiava davvero di trasformare il parco in un ‘semplice’ Luna park», dice uno degli artisti, Luciano Paselli,
ha prodotto reazioni interessanti che suggeriscono ulteriori riflessioni.SI parte dall’origine dell’opera, che sarebbe dovuta andare in scena nel 2020, e la sua fruizione. «Su quella giostra io e Matteo Petri (1983 e 1981 da Vergato ndr) ci siamo saliti tante volte da piccoli e cosi dopo l’ennesimo sopralluogo all’opera di Boltanski abbiamo pensato a lei. L’abbiamo cercata e ne abbiamo trovata una degli anni ’50 realizzata con residui bellici. In sé portava tutta la contraddizione del caso, la guerra e il gioco. C’è poi stata una terza giostra, quella delle menzogne e dei silenzi degli stati. Ci siamo convinti che quello era il lavoro da proporre, consapevoli che non saremmo stati capiti perché come ‘lettura’ richiedeva un passaggio in più». Quello mancato agli adulti, scossi e sconcertati. Non sono mancati gli strali sui social. Poi però è successo qualcosa. La giostra ha cominciato a girare così come se l’erano immaginata gli autori: per salire bisognava entrare nel Museo e solo all’uscita si ritirava il gettone. Un’esperienza per chi mai c’era stato, non solo per i bambini. Petri e Paselli sono sempre stati al fianco della battaglia aerea in quei tre giorni, elementi fisici dell’installazione. Lì all’ascolto. E con loro Valeria Pari di Cronopios, che cura gli eventi del Parco, ‘facilitatrice’ e in dialogo con i fruitori, i bambini. Tutto frutto di quel percorso che era alla radice dell’installazione. «Si è creato un circuito virtuoso di consapevolezza», dice l’assessore al bilancio Davide Conte in visita con suo figlio, «anche se io non me la sono sentita di salire sulla navicella. Mio figlio però mi ha subissato di domande e come lui tanti altri». Un altro aspetto importante «sono le famiglie straniere che popolano questo parco ‘di frontiera’. Genitori stimolati dai figli e loro stessi curiosi di scoprire, di sapere». Questa è la loro città, la loro nuova comunità, la conoscenza unisce. «Si sono create dinamiche impensabili, si è aperto un dialogo fortissimo», dice Pari. Gli stessi giostrai, che ora sono a Lido delle Nazioni, sono rimasti impressionati dall’operazione, alla fine compresa. «”Siete stati coraggiosi” ci hanno detto, così come tante persone critiche si sono ricredute una volta arrivate al Parco», dice Paselli. In tanti non sono riusciti a salire, «è comprensibile, c’è chi ci ha detto che quelle urla di gioia gli ricordavano quelle della tragedia, però hanno capito che non c’era nulla di banale nella nostra proposta». Serve la famosa lettura in più. Come pensare «a quanta violenza siamo abituati ad accettare nel quotidiano proponendola anche ai bambini»
Si è creato un circuito virtuoso di consapevolezza, non me la sono sentita di salire sulla navicella. Mio figlio però mi ha subissato di domande e come lui tanti altri