Sinisi-Rai, guerra totale Lo stipendio congelato: ora tocca agli avvocati
Sospensione «con effetto immediato». Negato accesso a ogni ufficio, da viale Mazzini a Saxa Rubra. Pass disabilitato. Blocco dello stipendio, 234.062 euro lordi, annui nel 2020. Possibile licenziamento, carte bollate e legali in arrivo. La Guerra del Presepio è senza quartiere. La Rai spara palle incatenate contro Nicola Sinisi, divenuto uno dei suoi dirigenti (in quota Pd, Enrico Letta una decina di anni fa), ora alla guida della Divisione Canone e Beni Artistici, dopo aver diretto la pubblicità Sipra e Radio Rai. L’ex giovanotto barbuto, laureato ingegnere a 50 ’anni, nato a Radio Informazione, organizzatore con l’Arci dei concerti 1979 di Patti Smith, fu dagli anni 80 a metà 90 assessore socialista alla Cultura di Bologna. Disperazione e passione del sindaco Imbeni, organizzò una festa danzante a Palazzo d’Accursio per un Capodanno con una grande orchestra diretta da Jimmy Villotti in smoking e calze marron. Assessore indicato da Matteo Lepore come esempio di fantasia e managerialità per «Bologna Sogna», riempì piazze, strade di feste, turisti, visite inventate, comici e menestrelli in ascesa, da Gioele Dix ai Gemelli Ruggeri, Vito, Syusy Blady e Patrizio Roversi, tutti. Amico di Dalla e Guccini, Paolo Conte e Beppe Barra, che gli fecero concerti-elettorali, di Morandi, di Bonvi e dei fumettari. Nel 2006 si inventò una campagna radiofonica per Romano Prodi candidato premier, con tanti, da Enzo Biagi a Luca Zingaretti che proclamavano «La serietà al potere». Fabrizio Salini, ad della Rai, scelto come il presidente Marcello Foa dal governo Lega-M5S, contesta a Sinisi di aver «improvvidamente e immotivatamente affermato che i vertici aziendali avrebbero dichiarato il falso davanti alla Commissione parlamentare di Vigilanza gettando in tal modo discredito su essi e il loro operato» Lettera protocollata dopo che il 22 giugno alla stessa Commissione il dirigente aveva parlato di «un vero e proprio sacco» del patrimonio d’arte posseduto dalla Rai, «patrimonio pubblico» assicurato per 70-80 milioni di euro. Il dirigente ha indicato anche una cifra: 170 opere. «45 sono state ritrovate. E qualcos’altro verrà ritrovato. I furti più importanti sono accaduti a cavallo fra gli anni 70 e 80 e fino agli inizi del 2000. In alcuni casi, l’ho detto davanti al magistrato, ho il forte sospetto che siano stati commessi in base all’indicazione di un basista», con quadri, scrivanie, tappeti scomparsi. A scatenare la guerra è stato il «Presepe laico» commissionato dalla Direzione Beni Artistici a Marco Lodola, noto per le sue opere luminose. L’artista ha creato un Presepe ispirato alla musica leggera. «Come quelli nei dipinti del Rinascimento, con le celebrità del tempo». Gigliola Cinquetti è Maria, Lucio Dalla è Giuseppe, i pastori sono Luciano Pavarotti, Rino Gaetano, Renzo Arbore e Freddie Mercury. Compaiono David Bowie, Louis Armstrong, Mina, Rita Pavone, Max Pezzali, Caterina Caselli. La Rai però aveva deciso «di non procedere alla sua esposizione – e dunque nemmeno al conseguente pagamento dell’installazione – in quanto l’autorizzazione per la realizzazione non aveva interessato i vertici aziendali». La faccenda era finita in Parlamento con interrogazioni e alla Commissione di Vigilanza. Lodola – che reclama 36 mila euro solo per i materiali – era andato in viale Mazzini a riprendersi la sua Natività luminosa. Eike Schmidt, rettore degli Uffizi, la aveva voluto per Natale a Firenze, sul Lungarno. Mentre Lodola attivava i suoi avvocati, Salini e Sinisi si scontravano alla Commissione di Vigilanza. L’ex assessore senza peli sulla lingua, anche se già avvisato decenni fa per una bella idea finita male. Quando tramutò un restauro del Nettuno in uno spettacolo: con la statua del Gianbologna avvolta in una meravigliosa casa-laboratorio di lavoro costruita da Mario Ceroli. Fu gran successo, ma poi la Casa finì in un garage, massacrata dall’incuria e dagli autobus parcheggiati.