La caduta di Troia
Popolizio in scena sul palco di piazza San Francesco «Voce e musica per entrare nel vivo di Virgilio»
«Dolore indicibile tu vuoi che io rinnovi, o regina…». Risuoneranno in piazza San Francesco le parole di Enea del secondo libro dell’Eneide dove il troiano racconta l’inganno del cavallo e la cruenta, crudele distruzione della città da parte degli Achei. Le porgerà, alle 21.30 per la rassegna estiva di Ert Fondazione, con lo spettacolo «La caduta di Troia» uno dei più magnetici attori di teatro, Massimo Popolizio, con musiche di Stefano Saletti eseguite e cantate in scena in varie lingue da Barbara Eramo, dallo stesso Saletti e da Pejman Tadayon su strumenti del Mediterraneo orientale e della Persia.
Popolizio, da quanto tempo gira questo spettacolo?
«Da un paio d’anni. Lo abbiamo registrato in dicembre per Rai 5 ed è stato trasmesso in marzo. Era uno dei pochi testi non gravato da quei diritti televisivi che falcidiano la possibilità di rappresentare autori contemporanei». Cos’è? Una lettura?
«È un’interpretazione al leggio. Entro profondamente nel testo, nella traduzione di Mario Ramous. Faccio vedere con le parole, con la voce, quello che succede. Modulo voci diverse, porto nelle situazioni con campi lunghi, medi e ravvicinati; a un certo punto entro dall’alto nella città di Troia in fiamme e mostro l’arrivo del feroce Pirro, Priamo che piange…»
Come in un film?
«Virgilio, e prima di lui Omero, hanno creato dei veri e propri serial ante litteram, specie di sceneggiature, storyboard buoni per il cinema o per la televisione. Trasportano nell’azione con la parola».
Immagino che non sia casuale la scelta di musiche che richiamano l’Oriente.
«Uno spettacolo così, con un attore e tre musicisti, è un modo per riempire questi due mesi d’estate, cercando di riportare la gente a teatro. Ma poi è evidente che narrando la distruzione di Troia evochiamo il Libano, la Siria, l’Irak... L’espediente del cavallo è un inganno che ci riporta a un mondo di fake news, nel quale non è bene fidarsi di soggetti come Trump che promettono tutto. I collegamenti con il mondo contemporaneo possono essere tanti. Ma non strizziamo mai l’occhio all’attualità».
Quali sono le reazioni del
Virgilio e Omero hanno creato veri e propri serial ante litteram, storyboard buoni per il cinema o la tv
pubblico?
«C’è qualcuno a cui piace risentire storie studiate a scuola e qualcuno che a scuola l’“Eneide” l’ha odiata. E allora ci dice: è così bella, perché non ce l’hanno fatta amare? Questi poemi sono fatti tutti per essere detti ad alta voce. Ma non è il famigerato “teatro di narrazione”: è un testo interpretato».
La musica?
«Non è semplice accompagnamento. È una piattaforma a disposizione del testo per farlo risaltare, sono basi ritmiche, chiusure, bordoni, sonorità per evocare situazioni e ambienti. Serve a veicolare l’emozione».
Lei ha girato e girerà con l’interpretazione di un altro romanzo, «Furore» di Steinbeck.
«Verrò anche a Bologna. Ma la formula è sempre quella della narrazione interpretata, con proiezioni di video e immagini. Nella riduzione fatta con Emanuele Trevi abbiamo considerato solo i capitoli dispari, dove si tratta della fuga dei contadini dalle grandi tempeste di sabbia in Oklahoma, verso la California, con la loro trasformazione in migranti».
Questi format più agili degli spettacoli drammatici sono conseguenza della pandemia?
«Non posso portare uno spettacolo come “Nemico del popolo”, che era in programma all’Arena, con 14 attori e un costo di 8mila euro, se la sala, a metà capienza per le norme anti-Covid, fa incassare al massimo 3mila euro. Quando si potrà tornare a fare spettacoli in modo normale, bisognerà trovare i modi per far tornare il pubblico».