Chiara non poteva salvarsi
L’autopsia: a ucciderla quasi subito due colpi di coltello al petto. Il 16enne: «Mi dispiace»
Due coltellate inferte al petto. Così è morta Chiara Gualzetti, a 15 anni, guardando negli occhi il suo assassino. I primi risultati dell’autopsia svolta ieri sul corpo della ragazzina hanno evidenziato che la causa della morte sono state due coltellate al petto sferrate frontalmente.
Due coltellate inferte al petto, una fine rapidissima. Così è morta Chiara Gualzetti, a 15 anni, guardando negli occhi il suo assassino. I primi risultati dell’autopsia effettuata ieri sul corpo della ragazza hanno evidenziato che la causa della morte sono state due coltellate al petto sferrate frontalmente. Vuol dire che, dopo averla fatta girare con una scusa, e averla prima colpita al collo mentre era di spalle come il suo assassino ha dichiarato, Chiara si è girata, forse l’ha guardato negli occhi quel ragazzino che le piaceva tanto e che invece domenica l’ha attirata in una trappola mortale.
Sono quattro in tutto le coltellate che il medico legale Emanuela Segreto, insieme ai consulenti della difesa e della famiglia della vittima, hanno contato sul corpo della 15enne, segnato anche dai lividi lasciati dai calci che lui le ha sferrato quando è caduta a terra, dopo essersi difesa. Gli accertamenti adesso proseguiranno per stabilire anche in quanto tempo Chiara si è spenta per sempre, saranno eseguiti gli esami istologici e tossicologici.
«Mi dispiace un botto per Chiara, mi dispiace non essere riuscito a controllarlo». Il 16enne arrestato con l’accusa di omicidio premeditato aggravato nell’interrogatorio di garanzia davanti al gip mercoledì per la prima volta, dopo tre giorni, ha mostrato un minimo cenno di dispiacere. Ma continuando a dire che la colpa è di quel demone, Samael, che lo inciterebbe a fare del male. Minimi segni di pentimento sulla cui genuinità il gip nutre dei dubbi: «freddo» e «senza scrupoli» lo definisce nell’ordinanza di custodia in carcere. «Ha fatto tutto lui, io ero mezzo cosciente», «Chiara era depressa, non aveva voglia di vivere, lui ha iniziato a tormentarmi…lui poteva scegliere chiunque avesse voluto». Ma per il giudice «al momento appare capace di intendere e di volere». «Non ricordo neanche le coltellate — prosegue il 16enne nell’interrogatorio di garanzia —, non ricordo dove ho colpito». Eppure subito aver infierito sulla povera vittima a calci, ancora trafelato, ha mandato dei messaggi vocali ad un’amica, dal tenore raccapricciante, nei quali ammette «L’ho fatto, l’ho presa a calci». Nessuno dei tanti ragazzi che sono stati sentiti dai carabinieri della compagnia di Borgo Panigale, guidati dal capitano Riccardo Angeletti, in questi giorni ha testimoniato di aver notato qualcosa di strano in quel ragazzo: «Ai miei amici non ho mai detto del demone» ha dichiarato lui.
Il centro giovanile che frequentava aveva consigliato alla madre di farlo seguire da una psicologa per alcuni scatti di rabbia che anche in famiglia erano stati notati. Ma la terapeuta, da cui andava da poche settimane, aveva rilevato solo un comune disagio giovanile. Solo giovedì, tre giorni prima che uccidesse Chiara, il 16enne si era presentato alla seduta con le lenti a contatto rosse e le aveva parlato del demone. A quel punto la psicologa ha consigliato alla madre di prendere un appuntamento con uno specialista in neuropsichiatria. La dottoressa, sentita dagli inquirenti, in lacrime ha spiegato che nulla poteva far presagire il suo piano omicida e che lui non le aveva mai parlato di Chiara.
Anche la madre del ragazzo mercoledì in udienza ha detto al giudice: «non riesco a convincermi che mio figlio abbia fatto una cosa del genere». Alla madre il ragazzino aveva accennato delle voci del demone che sentiva, solo poche settimane fa, ma aveva anche intrapreso il percorso di psicoterapia che tutti speravano potesse risolvere il suo disagio. Purtroppo non è andata così, adesso sarà sottoposto a una perizia psichiatrica. Nel carcere del Pratello è in una cella video sorvegliata, da solo, perché c’è il timore che possa fare ancora del male a sé o agli altri.
La madre di lui al giudice «Non riesco a convincermi che mio figlio abbia potuto fare una cosa del genere, non aveva mai avuto comportamenti violenti»