Migliaia di dosi da pochi grammi E il sospetto della cessione ai pedofili
Nelle carte della Procura di Roma i risvolti inquietanti dell’inchiesta sullo spaccio di sostanze chimiche e psicotrope che ha svelato il ruolo (anche) di tre bolognesi, fra cui un sedicenne
Una bustina trasparente contenente polvere di colore bianco per un peso lordo di poco più di 12 grammi risultata «miscela a base di isobutyryl fentanyl, mannitolo e tracce di 4-fluoro furanyl fentanyl». È il 13 febbraio del 2019 quando la polizia giudiziaria sequestra un pacco proveniente dalla Polonia e diretto a un 56enne bolognese residente di zona Murri, G.B.
È così che i Nas e la Procura di Roma, che due giorni fa hanno arrestato 39 persone nell’ambito di una maxinchiesta volta a sgominare una rete di spaccio di droghe chimiche e sostanze psicotrope pericolosissime, acquistate sul deep web e pagate in cripto valuta, si mettono sulle tracce del canale «bolognese» composto da personaggi slegati tra di loro, ma spregiudicati e destinatari di quantità di sostanze in grado di produrre migliaia di dosi di stupefacenti a base di fentanyl, Ghb, Gbl, le cosiddette droghe dello stupro, che adesso gli inquirenti vogliono capire a chi fossero destinate. Il sospetto terribile è che possano aver rifornito anche gruppi di pedofili.
Il Fentanyl è un potente analgesico narcotico, circa 80 volte più potente della morfina, il cui abuso porta a feroce dipendenza. Tra i tre bolognesi indagati c’è G.B., insospettabile giardiniere, finito in carcere con il complice L.G., impiegato 58enne, che nel suo garage ad Anzola dell’Emilia aveva allestito una serra di marjuana che i due spacciavano e facevano spacciare anche al figlio minorenne del primo. Sono indagati per spaccio, importazione di sostanza stupefacente e commercio di sostanze medicinali contraffatte o adulterate in modo pericoloso per la salute pubblica.
Di quella consegna sequestrata
Padre e figlio
nel febbraio 2019, il pubblico ministero scrive che «si trattava del primo sequestro in Europa di sostanza avente tale composizione». La stima delle dosi ricavabili indica una quantità di almeno 14mila dosi. E solo un mese dopo, gli inquirenti sequestrano un analogo pacco arrivato dalla Repubblica Ceca e destinato al giardiniere bolognese, con 29 grammi della stessa sostanza, equivalenti a 34mila dosi.
Dalle intercettazioni dei due i carabinieri del Nas captano inoltre la preoccupazione per le consegne mai arrivate perché sequestrate a loro insaputa. I due iniziano quindi a rifornirsi dal Canada. Ma G.B. e L.G coltivavano anche marjuana potenziata del tipo «King Kong», affidata a una spacciatrice di fiducia 40enne, S.Z. finita ai domiciliari, e al figlio 16enne del giardiniere. Il gip parla di «allarmante dinamica familiare, di agevolazione o di istigazione, ad opera del padre allo svolgimento di attività di mediazione da parte del figlio nello spaccio».
Il 16enne nel corso delle indagini è finito anche in pronto soccorso a causa dell’eccessivo consumo della marjuana coltivata e commercializzata dal padre. L’uomo e il suo complice utilizzavano gli introiti dello spaccio di erba ai compagni di scuola del figlio per ordinare gli oppioidi e quando il ragazzo, imbarazzatissimo, confida al telefono al padre di non essere riuscito a recuperare tutti i soldi dagli amici, il genitore «paventa rischi e conseguenze — scrive il gip — al proprio figlio, se non regolarizzerà il dovuto, senza preoccuparsi del timore e dello stato di disagio indotto in quest’ultimo». Persino quando il 16enne finisce in ospedale, portato via in ambulanza per un imprecisato malore, e l’indagato viene avvisato al telefono dalla ex moglie, il padre si preoccupa delle dichiarazioni che potrebbe aver rilasciato il figlio.
«Allarmante dinamica familiare», scrive il giudice per le indagini preliminari