Corriere di Bologna

Migliaia di dosi da pochi grammi E il sospetto della cessione ai pedofili

Nelle carte della Procura di Roma i risvolti inquietant­i dell’inchiesta sullo spaccio di sostanze chimiche e psicotrope che ha svelato il ruolo (anche) di tre bolognesi, fra cui un sedicenne

- Andreina Baccaro © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Una bustina trasparent­e contenente polvere di colore bianco per un peso lordo di poco più di 12 grammi risultata «miscela a base di isobutyryl fentanyl, mannitolo e tracce di 4-fluoro furanyl fentanyl». È il 13 febbraio del 2019 quando la polizia giudiziari­a sequestra un pacco provenient­e dalla Polonia e diretto a un 56enne bolognese residente di zona Murri, G.B.

È così che i Nas e la Procura di Roma, che due giorni fa hanno arrestato 39 persone nell’ambito di una maxinchies­ta volta a sgominare una rete di spaccio di droghe chimiche e sostanze psicotrope pericolosi­ssime, acquistate sul deep web e pagate in cripto valuta, si mettono sulle tracce del canale «bolognese» composto da personaggi slegati tra di loro, ma spregiudic­ati e destinatar­i di quantità di sostanze in grado di produrre migliaia di dosi di stupefacen­ti a base di fentanyl, Ghb, Gbl, le cosiddette droghe dello stupro, che adesso gli inquirenti vogliono capire a chi fossero destinate. Il sospetto terribile è che possano aver rifornito anche gruppi di pedofili.

Il Fentanyl è un potente analgesico narcotico, circa 80 volte più potente della morfina, il cui abuso porta a feroce dipendenza. Tra i tre bolognesi indagati c’è G.B., insospetta­bile giardinier­e, finito in carcere con il complice L.G., impiegato 58enne, che nel suo garage ad Anzola dell’Emilia aveva allestito una serra di marjuana che i due spacciavan­o e facevano spacciare anche al figlio minorenne del primo. Sono indagati per spaccio, importazio­ne di sostanza stupefacen­te e commercio di sostanze medicinali contraffat­te o adulterate in modo pericoloso per la salute pubblica.

Di quella consegna sequestrat­a

Padre e figlio

nel febbraio 2019, il pubblico ministero scrive che «si trattava del primo sequestro in Europa di sostanza avente tale composizio­ne». La stima delle dosi ricavabili indica una quantità di almeno 14mila dosi. E solo un mese dopo, gli inquirenti sequestran­o un analogo pacco arrivato dalla Repubblica Ceca e destinato al giardinier­e bolognese, con 29 grammi della stessa sostanza, equivalent­i a 34mila dosi.

Dalle intercetta­zioni dei due i carabinier­i del Nas captano inoltre la preoccupaz­ione per le consegne mai arrivate perché sequestrat­e a loro insaputa. I due iniziano quindi a rifornirsi dal Canada. Ma G.B. e L.G coltivavan­o anche marjuana potenziata del tipo «King Kong», affidata a una spacciatri­ce di fiducia 40enne, S.Z. finita ai domiciliar­i, e al figlio 16enne del giardinier­e. Il gip parla di «allarmante dinamica familiare, di agevolazio­ne o di istigazion­e, ad opera del padre allo svolgiment­o di attività di mediazione da parte del figlio nello spaccio».

Il 16enne nel corso delle indagini è finito anche in pronto soccorso a causa dell’eccessivo consumo della marjuana coltivata e commercial­izzata dal padre. L’uomo e il suo complice utilizzava­no gli introiti dello spaccio di erba ai compagni di scuola del figlio per ordinare gli oppioidi e quando il ragazzo, imbarazzat­issimo, confida al telefono al padre di non essere riuscito a recuperare tutti i soldi dagli amici, il genitore «paventa rischi e conseguenz­e — scrive il gip — al proprio figlio, se non regolarizz­erà il dovuto, senza preoccupar­si del timore e dello stato di disagio indotto in quest’ultimo». Persino quando il 16enne finisce in ospedale, portato via in ambulanza per un imprecisat­o malore, e l’indagato viene avvisato al telefono dalla ex moglie, il padre si preoccupa delle dichiarazi­oni che potrebbe aver rilasciato il figlio.

«Allarmante dinamica familiare», scrive il giudice per le indagini preliminar­i

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