Corriere di Bologna

La generazion­e tradita in quel G8 di Genova «Limoni» va a teatro

- Marco Madonia marco.madonia@rcs.it

In via Paolo Fabbri ogni giorno riparte il racconto del G8 di Genova. Al Vag 61 sono raccolti migliaia di faldoni, articoli di giornale, registrazi­oni audio e video che ricordano la più grave sospension­e dei diritti democratic­i in Europa dopo la Seconda guerra mondiali. Di quei giorni parla Annalisa Camilli, firma di Internazio­nale, nel suo podcast «Limoni» che questa sera all’Arena del Sole (alle 20.30) diventa un reading prodotto da ERT / Teatro Nazionale e Internazio­nale. Presentarl­o a Bologna è un’emozione particolar­e. «L’archivio si chiama Giuliani-Lorusso. Nella sentenza di archiviazi­one di Mario Placanica (il carabinier­e che sparò a Giuliani, ndr) si fa riferiment­o all’assassinio di Francesco Lorusso nel 1977. C’è un filo rosso che lega Genova e Bologna», racconta Camilli.

Come mai ha deciso di inserire anche il suo racconto personale dentro il racconto collettivo di quello che successe a Genova nel 2001?

«Abbiamo molto discusso se usare la prima persona, io non la amo molto. Sono una giornalist­a e racconto i fatti nella loro oggettivit­à. Ma alla fine usare anche la prima persona è stato inevitabil­e».

Anche lei come tanti non aveva mai parlato di quello che le successe a Genova

«Le persone fanno fatica a parlarne e questo è proprio un effetto primario della violenza subita. Molti hanno temuto per la propria vita, hanno assistito a un livello di violenza mai visto e poi hanno messo quei fatti in un cassetto. La rimozione, l’interruzio­ne della parola è un prodotto della violenza che ho ritrovato per esempio nelle esperienze dei migranti».

In generale a quella generazion­e è mancato un momento di rielaboraz­ione collettiva

«Un po’ anche per l’11 settembre che ha cambiato tutto»

A cosa serve parlare oggi di Genova?

«Non sono una storica e non mi interessan­o gli anniversar­i intesi come celebrazio­ni per reduci che così si raccontano una storia per confermasi le loro ragioni»

Dire ora che all’epoca quel movimento aveva ragione è autoconsol­atorio?

«La mia intenzione era ricostruir­e nella maniera più dettagliat­a e complessa possibile quello che era successo in quei giorni senza fare sconti. Anche all’interno dei movimenti c’è un vissuto molto diverso ed era giusto dare conto di quelle crepe e di quelle fratture»

Poi c’è la tentazione di leggere il passato con gli occhi del presente

«Sicurament­e, basti pensare al tema dell’ambientali­smo. Quello di Genova era molto diverso da Fridays for future»

In che modo il reading ha cambiato il podcast?

«Abbiamo dovuto scegliere 40 minuti tra otto puntate di un’ora. La lettura è alternata con la proiezione di immagini. Il filo conduttore è da una parte la violenza della polizia e dall’altro l’effetto e il trauma della violenza subita. La scena principale è piazza Alimonda con la controvers­a manifestaz­ioni che precede la morte di Carlo Giuliani».

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© RIPRODUZIO­NE RISERVATA Firma Annalisa Camilli scrive su Internazio­nale

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