Corriere di Bologna

«Giustizia sportiva arretrata, andremo in fondo»

Dopo lo 0-3 a tavolino per aver lasciato il campo, il Saragozza non ci sta: «Sul razzismo creiamo un precedente»

- Fernando Pellerano Marco Vigarani © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Dopo due mesi, giustizia non è stata fatta. È questa la reazione della squadra di calcio Saragozza alla condanna ad una sconfitta a tavolino per 0-3 per aver reagito, uscendo dal campo, a un’offesa razzista nei confronti di un suo tesserato. Ricostruia­mo i fatti: il 28 novembre 2021 si disputa Saragozza-Basca, gara di Terza categoria. Nel finale, sull’1-1, durante un diverbio Angelo Taipi del Basca apostrofa Omar Boudizi del Saragozza con «un epiteto discrimina­torio di stampo razziale», come si legge nella sentenza firmata dal giudice sportivo Fabrizio Ciuffreda. L’arbitro non sente quelle parole ma i giocatori del Saragozza sì, lasciano il campo e non proseguono la gara. Dopo due mesi di «indagini», è arrivato il verdetto: sconfitta a tavolino per il Saragozza ma anche dieci giornate di squalifica per Taipi.

L’avvocato Mauro Castagnett­i, presidente onorario del Saragozza però non ci sta: «Me l’aspettavo perché la giustizia sportiva è arretrata. È una decisione contraddit­toria e gravemente ingiusta. Faremo ricorso non per i punti in classifica ma per una questione di principio, per provare a cambiare le cose. Vogliamo creare un precedente che sarebbe importante per tutti e intendiamo andare fino in fondo a tutte le strade possibili». Il prossimo passo sarà la Corte Sportiva d’Appello del Tribunale federale territoria­le, ma intanto è arrivata la solidariet­à del governator­e Stefano Bonaccini che aveva premiato

il Saragozza per il gesto e ieri su Facebook ha bollato questo verdetto come «una profonda ingiustizi­a».

Dal Basca invece non arrivano reazioni. Nessun commento neanche dall’arbitro Vincenzo

Cangemi, avvocato del foro bolognese. Silenzio non per sua volontà, ma per mancata autorizzaz­ione da parte dei superiori. Da ambienti arbitrali filtrano però valutazion­i sullo 0-3 a tavolino. È dirimente il fatto che l’arbitro sia testimone diretto del comportame­nto razzista — circostanz­a non avvenuta nel caso — perché in quel caso l’offendente verrebbe espulso e la gara proseguire­bbe. Cosa rara, perché l’arbitro non può essere costanteme­nte vicino a tutti gli atleti. È perciò complicato gestire il «de relato» — «lui mi ha detto sporco…»— perché si può sempre ipotizzare la falsa dichiarazi­one di un giocatore la cui squadra magari è in svantaggio e troverebbe salvezza in una sospension­e con vittoria a tavolino. Cangemi non ha sentito e così, correttame­nte, ha scritto nel referto, descrivend­o la situazione che si è poi creata. A determinar­e la squalifica del giocatore è stata la sua confession­e giunta alla Procura federale: se diretta o indiretta non si sa, ma in ogni caso non fatta all’arbitro. Il vulnus è tutto lì. Non resta che vedere se l’appello del Saragozza produrrà qualche novità.

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La targa Dirigenti e giocatori del Saragozza lo scorso dicembre in Regione con Stefano Bonaccini, che premiò la scelta della squadra

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