«Giustizia sportiva arretrata, andremo in fondo»
Dopo lo 0-3 a tavolino per aver lasciato il campo, il Saragozza non ci sta: «Sul razzismo creiamo un precedente»
Dopo due mesi, giustizia non è stata fatta. È questa la reazione della squadra di calcio Saragozza alla condanna ad una sconfitta a tavolino per 0-3 per aver reagito, uscendo dal campo, a un’offesa razzista nei confronti di un suo tesserato. Ricostruiamo i fatti: il 28 novembre 2021 si disputa Saragozza-Basca, gara di Terza categoria. Nel finale, sull’1-1, durante un diverbio Angelo Taipi del Basca apostrofa Omar Boudizi del Saragozza con «un epiteto discriminatorio di stampo razziale», come si legge nella sentenza firmata dal giudice sportivo Fabrizio Ciuffreda. L’arbitro non sente quelle parole ma i giocatori del Saragozza sì, lasciano il campo e non proseguono la gara. Dopo due mesi di «indagini», è arrivato il verdetto: sconfitta a tavolino per il Saragozza ma anche dieci giornate di squalifica per Taipi.
L’avvocato Mauro Castagnetti, presidente onorario del Saragozza però non ci sta: «Me l’aspettavo perché la giustizia sportiva è arretrata. È una decisione contraddittoria e gravemente ingiusta. Faremo ricorso non per i punti in classifica ma per una questione di principio, per provare a cambiare le cose. Vogliamo creare un precedente che sarebbe importante per tutti e intendiamo andare fino in fondo a tutte le strade possibili». Il prossimo passo sarà la Corte Sportiva d’Appello del Tribunale federale territoriale, ma intanto è arrivata la solidarietà del governatore Stefano Bonaccini che aveva premiato
il Saragozza per il gesto e ieri su Facebook ha bollato questo verdetto come «una profonda ingiustizia».
Dal Basca invece non arrivano reazioni. Nessun commento neanche dall’arbitro Vincenzo
Cangemi, avvocato del foro bolognese. Silenzio non per sua volontà, ma per mancata autorizzazione da parte dei superiori. Da ambienti arbitrali filtrano però valutazioni sullo 0-3 a tavolino. È dirimente il fatto che l’arbitro sia testimone diretto del comportamento razzista — circostanza non avvenuta nel caso — perché in quel caso l’offendente verrebbe espulso e la gara proseguirebbe. Cosa rara, perché l’arbitro non può essere costantemente vicino a tutti gli atleti. È perciò complicato gestire il «de relato» — «lui mi ha detto sporco…»— perché si può sempre ipotizzare la falsa dichiarazione di un giocatore la cui squadra magari è in svantaggio e troverebbe salvezza in una sospensione con vittoria a tavolino. Cangemi non ha sentito e così, correttamente, ha scritto nel referto, descrivendo la situazione che si è poi creata. A determinare la squalifica del giocatore è stata la sua confessione giunta alla Procura federale: se diretta o indiretta non si sa, ma in ogni caso non fatta all’arbitro. Il vulnus è tutto lì. Non resta che vedere se l’appello del Saragozza produrrà qualche novità.