Corriere di Bologna

La grande festa a colori

- Pagine a cura di Francesca Candioli

Se quest’anno il Carnevale in presenza rimarrà in dubbio fino all’ultimo, a causa della pandemia ancora in corso, ciò che rimane certo è lo spirito di questa parte dell’anno che affonda le sue radici nella tradizione cattolica, anche se la sua vera origine risale ai tempi dei romani e dei greci. In tanti casi i festeggiam­enti sono stati già posticipat­i alla prossima primavera, ma c’è anche sempre chi ci spera ancora.

A rimanere certe per ora rimangono solo le tradizioni, che anche quest’anno, in un modo diverso, verranno portate avanti. A Bologna, così come in tante altre città italiane, il Carnevale ha una storia recente che nasce nel dopoguerra, e in particolar­e nel 1953 .

Fu il cardinale Giacomo Lercaro ad istituire il Carnevale dei bambini da tenersi il martedì grasso e la domenica precedente. L’evento principale da allora fino ad oggi, pandemia permettend­o, però è stato sempre uno solo: la classica sfilata dei carri in maschera, con partenza da piazza VIII Agosto e arrivo in piazza Maggiore con il discorso di Balanzone e la distribuzi­one di giochi e dolciumi.

Infatti una delle maschere più famose della tradizione emiliano-romagnola è quella del dottor Balanzone, che ha preso forma sul palco della commedia dell’arte: un professore saccente e presuntuos­o.

Una sorta di caricatura del dotto e tronfio leguleio bolognese. Lo stesso nome lo dimostra, perché Balanzone è la trasformaz­ione dialettale di bilancione, cioè bilancia, il simbolo della legge.

Ha un vestito classico, una toga nera, colletto e polsini bianchi, gran cappello, giacca e mantello. Ama fare lunghi discorsi spesso senza senso, vantarsi dei suoi titoli ma gode di molta stima tra le maschere. Non nega mai il suo aiuto, ma spesso parla e condivide opinioni e pareri di scarso valore. Si esprime con un linguaggio strampalat­o, zeppo di antichi proverbi e citazioni latine, ma detti a sproposito e spesso storpiati, tanto da lasciare stupiti e a bocca aperta tutti quelli che lo ascoltano.

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