Riorganizzazione alla Marelli, 50 a rischio
E vanno a processo i dirigenti accusati di aver spinto a non denunciare un infortunio
C’è di nuovo trambusto in casa Marelli. Per recuperare competitività alla luce delle sofferenze di mercato, fra pandemia, crisi dei semiconduttori e riduzione dei volumi, i vertici hanno illustrato ai sindacati i piani aziendali mirati a garantire una presenza sostenibile in Italia e annunciato 550 esuberi su oltre 7000 occupati tra dirigenti, impiegati e indiretti, di cui 350 con accordi di prepensionamento e 200 di incentivi all’esodo da attuare entro giugno.
Nonostante l’impegno a realizzare investimenti per oltre 77 milioni di euro e nuove assunzioni per affrontare la transizione verso l’elettrico, la preoccupazione è tanta anche a Bologna, dove il gruppo, controllato dal colosso di private equity americano Kkr, esistono due stabilimenti: uno in via del Timavo, che è la testa della ricerca e sviluppo con quasi 800 dipendenti e l’altro a Crevalcore dove, con le riorganizzazioni degli ultimi anni, sono rimasti in 250 operai. Se al momento Crevalcore, sito vocato alla produzione di componentistica per il mercato dei motori endotermici, non dovrebbe subire contraccolpi (al netto di un destino segnato dall’obiettivo elettrificazione al 2035), in città potrebbero essere a rischio una cinquantina di addetti. «Anche se l’azienda non intende avviare un’operazione coercitiva ma solo su base volontaria— riconosce Massimo Mazzeo, il segretario generale della Fim-Cisl bolognese che ha partecipato alla videoconferenza di Marelli insieme ai nazionali di Fim Fiom Uilm Fismic UglM e AqcfR — siamo preoccupati: manca un piano di sviluppo ad ampio respiro e non abbiamo alcun dettaglio su come gli esuberi saranno declinati nelle diverse sedi. Per questo abbiamo già chiesto un incontro sui singoli stabilimenti». Oltre a Bologna, Marelli che è il più importante produttore di componentistica auto de Paese, è presente a Bari, Caivano, Corbetta, Melfi, Sulmona, Torino e Tolmezzo. «In piena transizione energetica— aggiunge — le sigle nazionali hanno chiesto al governo una vera politica industriale e un fondo specifico sull’automotive». Sulla stessa linea anche il funzionario Fiom-Cgil, Simone Selmi: «La nostra richiesta è che venga presentato il progetto industriale di Marelli. Siamo disponibili ad un accordo sulla gestione degli esuberi e sugli ingressi previsti dal contratto di espansione solo se è chiaro l’obiettivo». Anche se il management ha ufficialmente smentito, resta infatti il vecchio timore: che la proprietà, che ha già distinto le linee produttive, possa procedere con vendite a spezzatino.
È inoltre stato reso noto ieri l’avvio del processo per stabilire le responsabilità di un grave infortunio occorso nel 2020 ad un’operaia di Crevalcore che fu convinta da quattro dirigenti a non denunciare e a mettersi in malattia. La Fiom, assistita dallo Studio Focareta, si è costituita parte civile nel processo. Le accuse sono estorsione e lesioni colpose. Il 26 gennaio c’è stata la prima udienza preliminare; per il 20 settembre è attesa l’udienza per il dibattimento.