Il mito Colosseo
Domani all’Arena del Sole lezione di storia del professor Giardina: «Trasmette un’immagine di potenza e di stabilità Teatro e anfiteatro fanno la città romana»
Edomani Andrea Giardina, storico del mondo antico, professore emerito della Normale di Pisa e molto altro, ci porterà tra le grida della folla, la violenza di belve e uomini, l’odore del sangue. Alle 11 all’Arena del Sole per il secondo incontro del ciclo «Le opere dell’uomo» delle «Lezioni di Storia» degli Editori Laterza ci parla del Colosseo, uno dei monumenti più stupefacenti e ammirati, inserito nel 2007 tra le sette nuove meraviglie del mondo.
Professor Giardina, come spiega il fatto che il Colosseo sia uno dei siti più visitati?
«Credo che dipenda dal fatto che ha una storia affascinante e che trasmette un’immagine di potenza. È un lascito quasi integro di un’antica civiltà: nonostante quello che vi avveniva, trasmette un messaggio di sicurezza, stabilità, durata».
Che cosa vi avveniva?
«Veniva rappresentato lo spettacolo della morte, con combattimenti tra uomini, che spesso erano esecuzioni capitali, perché mettevano il condannato di fronte a gladiatori professionisti. Si vedevano combattimenti tra belve feroci importate dai confini estremi dell’impero e combattimenti tra uomini e belve. Il catino veniva riempito d’acqua e vi si svolgevano battaglie navali…».
E i duelli tra gladiatori professionisti?
«Quella era una vera e propria disciplina. Vi si vedeva e ascoltava lo scompiglio, il rumore della morte, ma con i gladiatori entrava in scena anche la virtù di combattimenti codificati, dove erano importanti la lealtà e il saper morire. Un altro elemento di fascino erano i costumi, esotici come le belve, inusuali, con tridenti, reti…».
Quali sentimenti scatenavano?
«Sentimenti opposti: di civiltà e virtù e insieme di barbarie, di caos e di ordine, di esotismo e di disciplina. Era luogo di emozioni apparentemente contrastanti».
Come mai i film di ambientazione romana spesso legano Nerone al Colosseo?
«Nerone morì nel 68 d.C.; l’Anfiteatro Flavio fu fondato nel 70 dal primo imperatore della dinastia Flavia, Vespasiano, e inaugurato dal suo successore, Tito. Ma nei film vediamo spesso Nerone che gode con la bava alla bocca prima di dare l’ordine di uccisione dello sconfitto. Avviene, credo, perché la nostra cultura associa la ferocia di quello che accadeva nel Colosseo con il dispotismo. Tito era un generale e amministratore, definito da Svetonio “delizia del genere umano”. Il grande Traiano vi diede gli spettacoli più memorabili, tra i quali molte cacce, venationes».
Come mai allora tanti tradimenti da parte del cinema?
«I film sottolineano quello che più interessa allo spettatore: il raccapriccio misto all’attrazione morbosa per ciò che vi si svolgeva. Lo stesso Sant’Agostino a fianco alla condanna morale confessa il fascino provato per quegli spettacoli. Ma le mostruosità su cui calca la mano il cinema potevano accadere solo sotto dei despoti e invece l’anfiteatro ha una lunga vita, con altri significati sociali, politici, antropologici».
Cioè?
«La gente vi si recava anche per ritrovarsi e riconoscersi. Era un popolo che vedeva sé stesso riunito, diviso secondo le gerarchie sociali nei differenti ordini e cerchi della cavea. Guardava e si guardava, e forte era il significato politico di ciò».
Cosa succede al Colosseo dopo la caduta dell’impero?
«Ha una fortuna ininterrotta. Nel Medioevo era sede di confraternite che celebravano il culto dei martiri, e non a caso ancora oggi vi si svolge la Via crucis officiata dal papa. L’arena del Colosseo è stata definita reliquia, anche se non abbiamo in realtà notizia di martirii. È diventato luogo dove sorgevano botteghe, cava per materiali da costruzione, soggetto di tanta pittura. Il fascismo lo ha considerato un’icona: è diventato strumento di propaganda di un regime che pretendeva di ripetere la forza della romanità».
Anche a Bologna c’era un anfiteatro, nella zona dell’attuale via San Vitale, e in via de’ Carbonesi si trovano, sotto il piano stradale, i resti di un teatro romano, oggi non visitabili.
«Le città romane dovevano avere certi requisiti urbanistici, certi edifici civili, religiosi, il foro… Senza teatro e anfiteatro non c’era la città romana: erano considerati elementi di civiltà, segni di cittadinanza».
Nerone
Nei film lo vediamo spesso che gode prima di dare l’ordine di uccidere lo sconfitto. Ma è un falso storico: morì nel 68 d.C., il monumento è del 70