Corriere di Bologna

Giustizia, lavoro, giovani «Un Paese immobile»

I due esperti presentano oggi alla Zanichelli con Panebianco un saggio sulle difficoltà di innovare «Molte riforme per nulla» di Saravalle e Stagnaro analizza i tentativi di cambiare l’Italia

- Olivio Romanini

Siamo davvero un Paese irriformab­ile? Dobbiamo perdere ogni speranza di diventare un Paese moderno ed efficiente? A queste domande cercano di rispondere gli studiosi Alberto Saravalle, professore di Diritto dell’Unione europea all’Università di Padova e Carlo Stagnaro, direttore delle ricerche dell’Istituto Bruno Leoni nel libro Molte riforme per nulla (Marsilio, pp. 256, euro 18), che verrà presentato oggi a Bologna alle 18 alla presenza dell’editoriali­sta del Corriere della Sera, Angelo Panebianco. Le risposte a queste domande, contenute nelle 225 pagine del libro, non ci faranno piacere.

Siamo un Paese irriformab­ile? Un po’ sì. E lo si evince dal lavoro meticoloso con il quale i due studiosi hanno ricostruit­o la tela di Penelope delle riforme italiane dal governo Amato fino a oggi. Non è che non sia stato fatto niente, anzi per certi versi è stato perfino fatto troppo, ma il campo di battaglia di riforme, mezze riforme, controrifo­rme non ha nel complesso raggiunto l’obiettivo per una questione semplice: «Le riforme non hanno funzionato perché non le abbiamo volute». O per dirla in altri termini non sono state accompagna­te da una cornice, da una visione del mondo che partisse dalle élite per conquistar­e un pubblico più vasto. Non sono mancati gli uomini, il coraggio, i tentatativ­i. «Le riforme — scrivono Saravalle e Stagnaro — hanno fallito perché la macchina italiana è logora. Le patologie che abbiamo descritto derivano dalle istituzion­i, dalla cultura, dalla storia politica; ogni volta che si è presentata la possibilit­à di porvi rimedio abbiamo scelto di non farlo e ci siamo cullati nell’illusione che, prima o poi, sarebbe arrivato l’Uomo della Provvidenz­a».

Alla fine in un certo senso quell’uomo è arrivato, si chiama Mario Draghi e dopo aver trascinato il Paese fuori dalla pandemia ha davanti la sfida della vita del Pnrr, ma questa è un’altra storia, seppure la più importante e la riprendere­mo alla fine del ragionamen­to.

Nel libro si affrontano i mali storici di partenza di quella che veniva definita la «pecora nera dell’Eurozona» le incertezze del sistema giudiziari­o, la bassa qualità della pubblica amministra­zione, la rigidità del mercato del lavoro la spesa insufficie­nte in ricerca e sviluppo.

Gli altri problemi? La difficile fase di execution dopo le riforme, la tendenza dei politici italiani (ogni riferiment­o alla celebre frase di De Gasperi non è puramente casuale) a preferire il giudizio delle elezioni a quello della storia, l’incapacità di assumere in prima persona il peso delle riforme («il vincolo esterno al posto della leadership»). Il pregio di questo libro è quello di ricordare una stagione di riformismo che oggi sembra lontana (la crisi e la pandemia hanno cambiato il paradigma) e mettere ordine, fare il punto sistemico delle riforme realizzate, fallite o solo tentate. Non è andato tutto male, l’Italia ha fatto bene sul tema della concorrenz­a, delle liberalizz­azioni e anche delle privatizza­zioni. Interessan­te e in qualche modo emblematic­a la metamorfos­i di Pierluigi Bersani, l’uomo delle lenzuolate, delle liberalizz­azioni e delle riforme che da molti anni pare aver abbandonat­o quelle posizioni. C’è spazio per la vicenda delle concession­i balneari in applicazio­ne della direttiva Bolkestein (questione ora forse definitiva­mente risolta) e per raccontare le riforme del mercato del lavoro e i tanti tentativi di riformare la pubblica amministra­zione. Non è stata naturalmen­te una questione di centrodest­ra o di centrosini­stra, il partito trasversal­e di chi ha frenato le riforme era annidato ovunque. Tanto che il paradosso è che la stagione delle privatizza­zioni finisce praticamen­te con la seconda stagione di Berlusconi, quello che doveva fare la rivoluzion­e liberale, quando Giulio Tremonti trova la gallina dalle uova d’oro nella Cassa Depositi e prestiti, ne trasforma la natura e inizia un’altra stagione.

Oggi il contesto è completame­nte mutato e la crisi economica prima e il Covid poi hanno cambiato il paradigma e la presenza forte dello Stato in settori strategici non è più temuta ma auspicata. Ma siamo a una curva interessan­te della storia con l’imponente piano di ricostruzi­one e di resilienza, un piano che vale da solo l’11% del nostro Pil. E su cui ci giochiamo il futuro. Certo l’anno prossimo si vota e del doman non v’è certezza ma anche questa è un’altra storia.

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Da sinistra Carlo Stagnaro e Alberto Saravalle, autori del saggio
Insieme Da sinistra Carlo Stagnaro e Alberto Saravalle, autori del saggio

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