Corriere di Bologna

Il calcio, l’amore e le nostre cellule

- Gabriele Bronzetti

Iragazzini lo dileggiava­no come un traditore, schernendo­lo con epiteti irripetibi­li. Il pedagogo che è in me voleva prima ammonirli, poi rabbonirli dicendogli quello che sempre Borges scrisse nel racconto Tre versioni di Giuda: perché si potesse compiere la Resurrezio­ne un traditore doveva esserci e le scritture assegnaron­o quel ruolo ingrato proprio al povero Giuda. Infatti, cos’è uno scudetto dopo undici anni di pianto e stridore di denti, se non una resurrezio­ne? In amore il tradimento è necessità, non caso. Ho però taciuto, mi avrebbero preso per pazzo.

Credevo d’ aver visto in quei piccoli milanisti dei piccoli diavoli fino a quando il giorno dopo non ho letto le parole di Pupi Avati, non solo un grande regista, ma un fine intellettu­ale (il suo ultimo romanzo è una delle più belle cose scritte intorno alla ricorrenza dantesca) e un sublime affabulato­re. Cosa ha detto Pupi Avati, l’uomo a cui portavo il caffè in camera quand’ero barista a Rimini e spiavo il suo comodino traboccant­e di libri di ogni genere? Ha detto che vedendo le lacrime di Çalhanoglu ha goduto tantissimo, mentre ha pianto di gioia al terzo gol del Milan. Quindi è vero: un uomo felice che ha letto e riletto tutta la Commedia – non un ultras frustrato e illetterat­o- prova gli stessi sentimenti di un ragazzino fermo al Diario di una schiappa. Solo l’amore può saltare così le generazion­i e le culture. Pupi Avati ha infine detto di amare l’allenatore del Milan, ex allenatore del Bologna, Stefano Pioli. Come lo capiamo: Pioli ha qualcosa di mistico senza sembrare troppo pio, ha solo parole di vita tanto che se ci fosse un Vangelo del calcio - tecnico e morale- lui sarebbe il Maestro di 11 apostoli fedeli più un dodicesimo, il traditore Giuda l’Iscariota. Era scritto. Dobbiamo quindi avere pietà e vegliare tutti i siliquastr­i di Milano, perché nessun turco contrito vi si appenda. La stessa pietà che ha avuto il cielo per Ionut Radu, il portiere che con una papera causò la sconfitta dell’Inter al Dall’Ara; sarebbe finito nell’inferno dei viventi se il Milan, superando l’Inter con due punti di scarto, non avesse reso il suo errore ininfluent­e.

Biochimici, cardiologi e neurologi sono d’accordo: non c’è cellula del corpo capace di vivere senza calcio. Senza il calcio dei bambini che fummo e sempre siamo nel sole di un prato verde, il nostro cuore sarebbe rachitico, incapace di un solo passo e di una sola passione.

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