De Chirico e Schifano Se la memoria è infedele
La collezione Farina a Ferrara. L’anno prossimo il Rinascimento
AFerrara una mostradossier, di dimensioni ridotte ma non priva di suggestioni, con dodici lavori in tutto tra dipinti, sculture e opere su carta, fino al 27 dicembre, dà l’occasione a Vittorio Sgarbi, presidente di Ferrara Arte, di annunciare anche una grande mostra per il 2023. La Sala dei Comuni del Castello Estense ospita da oggi un nuovo allestimento, «La memoria infedele. La seduzione delle immagini da de Chirico a Schifano», a cura di Chiara Vorrasi. Un ennesimo capitolo dedicato al patrimonio museale ferrarese rivisitato attraverso focus su artisti e nuclei tematici, che ha visto sinora protagonisti Boldini e De Pisis. Ma Sgarbi si proietta oltre, al febbraio 2023, quando dopo i lavori di restauro Palazzo dei Diamanti accoglierà una prima mostra sul Rinascimento ferrarese. Un percorso articolato, a tappe, che si aprirà con due grandi pittori estensi, Ercole de’ Roberti e Lorenzo Costa.
Nel frattempo, però, ci si può accontentare con nove dei quasi duecento pezzi della collezione privata di Franco Farina, direttore della Civica Galleria d’Arte Moderna e di Palazzo dei Diamanti dagli anni ’60 agli anni ’90. Una figura, ha sottolineato Sgarbi, che «ha reso Ferrara per trent’anni una città inevitabile per il mondo dell’arte». Una collezione donata alla città nel 2019 dalla vedova, Lola Bonora, ex attrice nei primi film di Pupi Avati e in seguito fondatrice del mitico Centro Videoarte di Ferrara.
Il progetto si connette anche con l’estesa rassegna dedicata, sempre nel Castello, all’artista ferrarese, trapiantato a Berlino, Adelchi Riccardo Mantovani, che acquisì grande fama con la sua pittura ispirata al fantastico e la cui vicenda è inserita in quella stagione artistica. Dal nuovo breve itinerario, visitabile dalle 10 alle 18 tutti i giorni tranne martedì, emerge chiaramente che partire dagli anni Settanta del ‘900 molti artisti iniziano a riappropriarsi delle pratiche tradizionali della pittura e della scultura, messe al bando dalle avanguardie. Precursore e artefice di ogni moderno «ritorno al mestiere» e ai segreti dei grandi maestri, sin dal 1916 Giorgio de Chirico aveva iniziato a saldare passato e futuro in un eterno pre
sente, in sintonia con le riflessioni di filosofi come Eraclito e Nietzsche. L’itinerario espositivo prende quindi avvio dalle sue opere «citazioniste», in cui de Chirico ha rivisitato con tecniche diverse i manichini della sua stessa produzione metafisica degli anni Dieci. Il suo esempio s’imporrà all’attenzione anche delle generazioni più giovani, come nel caso di un protagonista internazionale della stagione pop quale Mario Schifano. Con le sue iconiche riletture di simboli della nostra civiltà, come i monumenti equestri, le ninfee care a Monet o i proclami futuristi. L’allestimento presenta due suoi dipinti, Senza titolo del 1978 e Acquatico del 1988, insieme a lavori di altri artisti che hanno reinterpretato con ironia i generi della tradizione. Dalla Scultura calda (1965) del milanese Remo Bianco, un torso classico rivestito di una moderna patina cromata e riscaldato elettricamente, per invitare il fruitore a riprendere materialmente contatto con l’opera d’arte, a Carlo Mattioli, che negli anni Ottanta condensa il paesaggio nella sua essenza di albero stilizzato, fino a un’opera di Paola Bonora, sorella di Lola. In chiusura, poi, l’opera che fornisce il titolo all’intero percorso, La memoria infedele di Leonor Fini, la «divina» del surrealismo. Dove un misterioso damerino in costume settecentesco osserva un dipinto della stessa autrice, Crepuscolo del mattino, riprodotto con diverse varianti all’interno dell’opera, a sua volta denso di citazioni all’arte rinascimentale, barocca e simbolista.