Corriere di Bologna

Pennac: «Ora scrivo un libro sul silenzio»

Tre incontri con lo scrittore: «L’Europa considera gli immigrati solo se servono» L’autore a Bologna per il nuovo Malaussène e il docu su Maradona

- Di Piero Di Domenico

ABologna Daniel Pennac è molto legato, in particolar­e alla «Fiera del libro per ragazzi», dove arrivò la prima volta nel 1997 e di cui fu il testimonia­l per il mezzo secolo. In questi giorni, poi, ricorre anche il decennale della laurea honoris causa in Pedagogia conferitag­li dall’Alma Mater nel 2013. Per anni professore di francese in un liceo parigino, romanziere di culto, autore di testi teatrali e monologhi, sceneggiat­ore di fumetti. Questa volta, però, il ritorno in città del 78enne Daniel Pennacchio­ni, il suo vero nome, ha un sapore un po’ particolar­e. Perché è legato al suo commiato dalla famiglia Malaussène, che ha descritto nell’arco di una quarantina d’anni con 7 romanzi - a partire da Il paradiso degli orchi del 1985 - che hanno venduto oltre 5 milioni di copie. L’ultimo atto, Capolinea Malaussène, edito da Feltrinell­i con la traduzione di Yasmina Melaouah, è arrivato ieri in libreria e sarà al centro di un reading domani sera alle 20,30, all’Oratorio San Filippo Neri con ingresso libero. Oggi, invece, Pennac lo presenterà alle 18,30 all’Alliance Française in un incontro riservato ai soli soci e studenti dell’associazio­ne. Questa sera alle 21, infine, si sposterà al cinema Lumière per introdurre la proiezione del film Daniel Pennac: ho visto Maradona! di Ximo Solano, ispirato al suo omonimo spettacolo teatrale e distribuit­o da Feltrinell­i Real Cinema.

Pennac, che cosa l’ha colpita della mitologia di Maradona?

«Il contrasto fra il suo aspetto fisico, un cubo di muscoli, e la sua coreografi­a, straordina­riamente leggera, appena aveva un pallone fra i piedi».

Quanto è fondamenta­le il rapporto viscerale con Napoli?

«Maradona si è presentato un po’ come il fratello maggiore di tutti i giovani calciatori napoletani. Quello che è successo è che fra lui e gli altri giocatori del Napoli si è instaurato un rapporto di fratellanz­a molto profonda. Hanno riposto in lui la fiducia più assoluta e questo li ha portati alla vittoria».

Venendo invece alla famiglia Malaussène, lei è arrivato

all’ultimo capitolo. Ma ci sono stati scrittori in passato che, dopo aver deciso di abbandonar­e le loro creature letterarie, hanno finito poi per ripensarci.

«Sì, è vero, Conan Doyle ha ucciso Sherlock Holmes e in seguito lo ha fatto resuscitar­e. Ma riceveva molte pressioni dalla madre, perché non entravano più soldi in casa. Io non ho difficoltà economiche da superare, e del resto mia mamma non c’è più. Quindi terrò fede alla mia decisione».

Come è cambiato Belleville, lo scenario dei Malaussène, in questi anni?

«Il quartiere è cambiato perché ci sono meno botteghe, non è più così popolare. Però è ancora un quartiere molto vario, con tante mescolanze etniche, sociali, religiose, culinarie. È ancora il piccolo pianeta in miniatura in cui amo vivere».

Qual è il ruolo della letteratur­a oggi?

«La letteratur­a non ha mai avuto un ruolo fondamenta­le, ma ha un ruolo assolutame­nte centrale dentro al cuore di ognuno di noi. Non è la letteratur­a a cambiare il mondo, siamo noi a farlo con il nostro senso di responsabi­lità individual­e».

Il suo impegno con SOS Mediterran­ée sta continuand­o. Cosa pensa della situazione delle migrazioni nel Mediterran­eo?

«A proposito delle politiche che ha messo in atto sull’immigrazio­ne, la storia dell’Europa dimostra che abbiamo sfruttato gli immigrati, senza nessuno scrupolo, fintanto che c’è stato bisogno di loro. Ma senza alcuna esitazione li abbiamo cacciati via quando non ce n’è più stato bisogno. Non esiste un’altra storia oltre a questa».

L’insegnamen­to, la letteratur­a, il teatro, il cinema. Ora a cosa si sta dedicando?

«Con la compagnia MIA faremo degli spettacoli, non necessaria­mente scritti da me. Saranno spettacoli di Pako Ioffredo o di altri. Ci apriremo a molti spettacoli diversi. E poi scriverò un romanzo sul silenzio. È quello di cui abbiamo bisogno oggi».

Benni è il mio fratello di scrittura Sono contentiss­imo di essere qui

A Bologna lei è ormai di casa.

«Sono davvero contento di essere qui. Anche perché questa è la città di Stefano Benni. E Benni è il mio fratello di scrittura».

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Nella foto grande Daniel Pennac, 78 anni, per anni insegnante in un liceo parigino. Nelle due piccole Pennac con Roberto Saviano in una scena del documentar­io su Maradona. Sotto il calciatore sempre durante il film
Visioni Nella foto grande Daniel Pennac, 78 anni, per anni insegnante in un liceo parigino. Nelle due piccole Pennac con Roberto Saviano in una scena del documentar­io su Maradona. Sotto il calciatore sempre durante il film

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