Il presente non è ovvio
Preciado stasera presenta «Dysphoria mundi» «Post Covid viviamo una disforia generalizzata»
Davvero la fine del mondo è vicina? Ne è sicuro Paul B. Preciado, ospite questa sera all’Arena del Sole in un incontro che anticipa il festival «Fuori!» dedicato all’adolescenza, in programma dal 6 all’11 giugno (Sala De Berardinis, ore 20.30, gratuito. Prenotazioni al link Incontro Paul B. Preciado). L’occasione è la presentazione del suo Dysphoria mundi, edito in Italia per la Fandango nella traduzione italiana di Roberta Arrigoni, e con il filosofo, scrittore, curatore spagnolo dialogano l’attivista e scrittrice Porpora Marcasciano e lo studioso
Elia A.G. Arfini, introdotti dall’attrice Sylvia De Fanti (Bluemotion).
Dysphoria mundi, come ha affermato Judith Butler, è un’opera «monumentale». Nelle dense 592 pagine del volume, l’esponente della teoria queer riflette sul vecchio mondo ormai ai titoli finali e getta le basi per costruirne uno nuovo superando limiti, oppressioni, binarismi. «Poiché il mio desiderio di vivere al di fuori delle prescrizioni normative della società binaria etero patriarcale è stato considerato una patologia clinica denominata disforia di genere — ha parlato in proposito — mi è sembrato interessante pensare all’attuale situazione mondiale come una disforia generalizzata». Da questi presupposti, il diario di quella che chiama «transizione planetaria». A partire dalla sua stessa biografia. Nel 2014 infatti l’autore di Manifesto contra-sessuale ha annunciato il suo percorso di transizione, adottando dal 2015 il nome di Paul e usando il precedente Beatriz come secondo nome. Un percorso a ostacoli. «Ho dovuto dichiarare che la mia mente era in guerra con il mio corpo», ha raccontato sulle pagine dell’inserto del Corriere della Sera La Lettura (14 maggio).
Ma è proprio dal contrasto con la definizione di patologia clinica che Preciado ha elaborato la nuovissima Dysphoria mundi. Non malattia mentale, ma presa d’atto di quanto sta accadendo davanti ai nostri occhi, poiché la disforia è condizione che riguarda ogni livello dell’esistenza dentro questo sistema neoliberista e
tardocapitalista. Un cambiamento in atto da moltissimo tempo, lento ma inesorabile, nato dalle lotte di tutte le minoranze che, ancora Preciado, «volevano abbandonare le condizioni opprimenti in cui erano costrette a vivere». Poi è arrivata la pandemia. Con un inaspettato, tumultuoso rimescolamento di carte. In occasione della presentazione del libro al Salone del Libro di Torino, intervistato da Tuttolibri, inserto del sabato de La Stampa, Preciado ha parlato del Covid (lui stesso ne è stato contagiato) come un nuovo laboratorio politico fatto di grandi cambiamenti su scala globale. Tanto che se questo libro era nato come una «lista delle cose che cambiano», a un certo punto «mi sono dovuto fermare: tutto era in movimento e il presente che viviamo non è più così ovvio». Ovvio no, ma affascinante sì. Se non altro perché, evento epocale, si è compreso che nessuno di noi è più immune a mutazioni. Nella postfazione il libro contiene una lettera rivolta alle giovani generazioni verso cui l’autore nutre grande fiducia e a cui affida il compito di cambiare il futuro. «La storia della violenza — scrive — si ferma sotto il vostro sguardo. È così che inizia una rivoluzione, con uno strattone al tempo che arresta la ripetizione cieca dell’oppressione e apre alla possibilità di un nuovo presente. Tutto deve cambiare». L’ottimismo oltre lo scenario «catastrofico».