Nei panni di Farinelli
La storia degli eunuchi in «Uomini senza» di Barbagli, professore emerito dell’Alma Mater Dall’islam al famoso cantante
Quando il quadro che nel 1753 gli fece Corrado Giaquinto si trovava nel Conservatorio Martini, spiccava in mezzo a volti e mezze figure grigie di altri musicisti del 700. Lui, abbigliato splendidamente, nobilmente, con alle spalle i reali di Spagna, era Carlo Broschi detto Farinelli, nato ad Andria nel 1705 e morto a Bologna nel 1782, evirato cantore. Raggiunse fama mondiale con le sue agilità vocali, i suoi trilli, arpeggi, abbellimenti, gorgheggi, mordenti. Possiamo sceglierlo come esempio di una categoria di persone che ha attraversato i secoli, quella degli eunuchi, coloro che per operazione, incidente, autocastrazione, conformazione fisica, sfregio di vincitori vissero da evirati.
Marzio Barbagli, sociologo, professore emerito dell’Alma Mater, accademico dei Lincei, ha dedicato loro un documentatissimo libro,
Uomini senza. Storia degli eunuchi e del declino della violenza (il Mulino, pagine 416, euro 34), una galoppata storica dall’antico impero degli Assiri al secolo dei Lumi e a quelli più vicini a noi, quando la pratica della castrazione iniziò a essere condannata e poi proibita. Lo presenta oggi alle 18.30 alla libreria Coop Ambasciatori con il musicologo Lorenzo Bianconi, il bizantinista Salvatore Cosentino e lo storico Vincenzo Lavenia.
Farinelli, come molti altri castrati, raccontava di aver perso la virilità a causa di un incidente occorsogli in età infantile. In realtà avveniva che quando un maestro di musica o in prete riscontrava attitudini musicali in un ragazzo, consigliava i genitori di sottoporlo a operazione per impedire la muta della voce e conservarle un timbro sospeso tra quello femminile e quello maschile, apprezzatissimo in teatri e cori di chiesa Molti morivano nell’operazione, tantissimi erano destinati a non riuscire nelle ambizioni di promozione sociale, parecchi diventavano ottimi cantanti. Alcuni, come Farinelli, non solo furono divi ricercatissimi, ma assursero al ruolo di favoriti dei regnanti. Farinelli, con la sua voce, curava ogni notte i malori e i malumori di re Filippo V di Spagna, fino a diventare un suo confidente e una specie di primo ministro. Così fu per molti eunuchi, nell’impero assiro, in Grecia e a Roma, ma soprattutto nell’impero bizantino, nell’islam, nella corte ottomana, in Cina.
Inizialmente molti di loro erano schiavi, bottino di guerra, vittime di violenza. Poi diventavano capaci e affidabili uomini di governo, membri della burocrazia statale, perfino generali come il Narsete di Giustiniano. Barbagli dimostra privo di fondamento il pregiudizio che li voleva in primo luogo asessuati guardiani di harem. E si pone la domanda perché per tanti secoli essi siano stati dignitari, depositari di segreti, confidenti e aiutanti di sovrani. Per quanto spesso disprezzati, considerati semiuomini, hanno accumulato ricchezza e potere; nonostante le loro figure spesso sgraziate, molto alte, con adipe pronunciata e teste piccole, sono stati anche desiderati e amati da donne e uomini.
Le risposte che dà il sociologo ruotano principalmente intorno al fatto che essi non potevano certo ambire al trono e in genere rimanevano fedeli a chi li aveva innalzati da condizioni spesso infime. Il libro attraversa anche i tentativi di definizione del loro sesso – maschile, femminile, né l’uno né l’altro? – fornendo le diverse soluzioni di medici, filosofi teologi, legislatori, andando a definire una sessualità fluida. Il terzo problema trattato è quello del rapporto tra la castrazione e altre forme di violenza, guerre, stragi, deportazioni, vendita degli schiavi, esecuzioni pubbliche, che vanno scemando con la nuova coscienza introdotta dall’Illuminismo. Alla fine rimane, dietro lo splendente ritratto di Farinelli, ora al Museo della Musica, l’idea di una sofferenza privata come lato oscuro del successo stellare.