Mereghetti scava nella pellicola sul bimbo ebreo
Anteprima, visione (sempre più breve) in sala, piattaforma. La vita di un film, come il metro nella famosa scena di Aprile di Nanni Moretti, si è accorciata drammaticamente negli ultimi anni. È un gesto di ottimismo della volontà quello del direttore della Cineteca di Bologna, Gian Luca Farinelli, che fa rinascere la «gloriosa e pionieristica» collana di Renzo Renzi «Dal soggetto al film» allora edita da Cappelli e pensata ora per raccontare almeno una volta l’anno un film «mentre si fa», seguito da un critico cinematografico. L’esordio non poteva che essere col film Rapito del presidente della Cineteca, Marco Bellocchio, curato dal decano dei critici cinematografici, Paolo Mereghetti del «Corriere della Sera». Il libro Rapito. Un film di Marco Bellocchio uscirà venerdì 26 (223 pagg., 22 euro), il giorno dopo l’uscita in sala del film.
Il cuore del libro è la sceneggiatura del film, arrivata alla settima versione e ripassata da Mereghetti e Alberto Libera scena per scena. Poi interventi di Farinelli, Bellocchio, lo stesso Mereghetti, Alberto Melloni e Marina Caffiero e due interviste ai produttori Beppe Caschetto e Simone Gattoni. «Il lavoro sulla sceneggiatura è stato lungo e puntiglioso - racconta Mereghetti - il lettore troverà tutti gli interventi a levare e le aggiunte fatte durante la lavorazione del film, resi anche visivamente. È un lavoro che ha un valore filologico e servirà agli studiosi, ma anche a chi vorrà vedere il film con altri occhi». Un’opera dalla lunga gestazione - Bellocchio ci pensava da oltre quindici anni - che tratta tutti i temi cari al regista: «In Bellocchio spiega ancora Mereghetti - c’è sempre un eroe che combatte contro il potere. Qualche volta vince, spesso vince il potere, ma quel che conta è la lotta. Qui invece la cosa curiosa è che Edgardo Mortara, il bambino bolognese ebreo rapito dalla Chiesa perché battezzato a insaputa dei genitori, diventa cattolico fino in fondo. Nel film non si possono non notare i modi sinuosi con i quali il Papa cerca di stringerlo a sé. E anche quando il fratello maggiore si presenta per riportarlo a casa, da adulto, lui oppone un netto rifiuto. Il lavoro di Bellocchio sulla sceneggiatura è stato profondo. Una prima versione è stata fatto con Susanna Nicchiarelli, poi sono stati chiamati Edoardo Albinati e e Daniela Cesalli, poi per gli ultimi dettagli è tornata la Nicchiarelli. E dopo la stesura, il film ha avuto una lavorazione particolarmente complicata dal punto di vista produttivo, come si scopre nelle interviste ai due produttori. Bellocchio ha sempre rivendicato il suo ateismo, ma è anche sempre stato attratto da alcuni aspetti della religiosità e il suo intento era raccontare il Non possumus, «non possiamo» sempre opposto da Pio IX al mondo che allora chiedeva di restituire Mortara alla sua famiglia ebrea».