«Crollare? Alla Fortitudo nessuno è stanco»
Bolpin: «Voglio riguadagnare la serie A sul campo. Mi piace essere un tuttofare»
Riccardo Bolpin, stakanovista della Fortitudo prima in classifica: lei e la Flats Service sembrate tutto fuorché stanchi.
«Se fossimo stanchi tante partite non le avremmo vinte. Soprattutto tutte quelle decise nei finali, e ce ne sono state parecchie. Tutti dicono che prima o poi dovremo crollare, ma io non vedo problemi: stiamo benissimo, avanti così».
Lei gioca quasi 35 minuti di media, più di chiunque nel girone.
«Non mi pesa, anzi mi responsabilizza. Ho 27 anni e non mi sono mai sentito così bene, ma non per l’utilizzo, qualche minuto in più o in meno in partita cambia poco. Per maturità, completezza di gioco, è il mio anno migliore. Poi cose da migliorare ce ne sono sempre: letture, palle perse da limitare. E non ho mai tirato così male i liberi».
La Serie A l’ha già assaggiata.
«Alla Reyer ero un giovane del vivaio e non c’era spazio, e quella squadra aveva appena vinto lo scudetto. A Pistoia un po’ ci ho giocato, ma dal 2019 in poi ho fatto sempre l’A2. Con l’ambizione di tornarci, naturalmente, mai accantonata. Solo che la chiamata non è mai arrivata, a questo punto dovrò riguadagnarmela sul campo».
È una mezza promessa.
«È solo una speranza. Mancano 13 partite di stagione regolare, è ancora lunghissima. Poi siamo primi e vorremmo restarci, e anche andare a Roma per la Coppa Italia sarebbe una cosa carina. Ma nessun calcolo o tabella, stiamo abbottonati: una partita alla volta, come dal primo giorno».
A luglio, il primo giocatore che Caja ha chiamato per fare la squadra è stato lei.
«L’avevo solo incrociato in partita, ma non lo conoscevo. Sentii però che mi avrebbe dato fiducia fin da allora, e mi convinse subito. E’ vero che è duro, ma io mi ci trovo bene: l’aspetto che forse si vede meno dal di fuori è la ricerca dell’ordine, il sapere sempre esattamente cosa fare, in attacco e in difesa».
Difesa che è incernierata su di lei.
La nostra vera forza è l’organizzazione: ci aiutiamo e la zona è un’arma
«Diciamo che per mie caratteristiche posso andare su più ruoli e avversari molto diversi. La vera forza però è l’organizzazione, tutti aiutano gli altri e c’è sempre qualcuno che ti copre le spalle. E poi c’è la zona, un’arma che usiamo molto, al contrario di quel che si pensa è una difesa che aggredisce e non fa respirare, non che aspetta».
Stiamo tutti benissimo ma niente tabellepromozione Vogliamo stare in alto
Il nuovo Alpino: le piace come soprannome?
«Sì. Me l’hanno detto, l’Alpino era Franz Arrigoni, che tra l’altro viveva a Mestre a due passi da casa mia. Non lo conoscevo, ma mi fa piacere. Anch’io cerco di essere un tuttofare, con questo pubblico poi è ancora più bello».