IL FUTURO DELLA SANITÀ
L’Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri di Bologna ha organizzato un importante convegno per discutere sul futuro del Servizio sanitario nazionale. Nelle parole di apertura e chiusura dei lavori, il presidente Luigi Bagnoli ha sostenuto con articolate argomentazioni che il concetto di cittadinanza si basa sul diritto delle persone alla salute e alle cure. E che il ruolo dei medici nel servizio sanitario nazionale è quello di garantire qualità delle prestazioni ed efficacia dei trattamenti per un’assistenza la cui sostenibilità impone un’innovazione strutturale. A questo fine Bagnoli ha sottolineato che il convegno era finalizzato a trasmettere conoscenze e strumenti a politici e agli amministratori affinché si facessero carico di invertire la tendenza al declino e di ristrutturare la sanità pubblica, regolamentando il rapporto pubblico e privato profit e no profit. Il declino è stato denunciato anche dalle relazioni degli stessi sanitari, intervenuti nella seconda sessione dei lavori: 11 mila medici e 18 mila infermieri negli ultimi anni sono usciti dalla sanità pubblica per un carico di lavoro stressante, uno scadimento della professione e una riduzione del personale. La necessità di ristrutturazione dell’intero sistema è stata sostenuta, inoltre, dagli esperti con un’analisi dettagliata e con indicazioni di strategia sull’urgenza di costruire un nuovo modello di sanità pubblica. La relazione del presidente della Fondazione Gimbe Nino Cartabellotta ha fornito i dati sulla crisi creata dal definanziamento dello Stato dal 2010.
Circa quindici anni di disinteresse politico dei governi del centrosinistra e della destra che ha rimesso in discussione i valori portanti (universalità-uguaglianzaequità) della riforma del 1978. Analisi confermata anche dal responsabile delle politiche sociali del Censis Francesco Maietta. Che ha illustrato la liquidazione strisciante della sanità pubblica fino a determinare l’attuale collasso, che minaccia non solo la fine del modello universalistico ma le stesse sorti del paese e della democrazia. A loro dire i diritti alla salute e alle cure vanno salvaguardati in particolare per due motivi. Il primo perché va rafforzata l‘unità territoriale superando l’attuale tendenza alla crescita delle diseguaglianze regionali e locali, e invertendo la politica dell’autonomia differenziata delle Regioni. Il secondo motivo perché la sanità pubblica è fattore di sviluppo dell’economia, della ricerca, produzione e qualità di vita. Purtroppo la politica continua a ignorare che ogni euro investito in salute crea un incremento di valore sociale doppio. Peccato che a tanta dettagliata documentazione e precise indicazioni non ci siano stati l’ascolto e le risposte dell’assessore regionale Raffaele Donini, assente anche se previsto alla tavola rotonda di chiusura del convegno. Il governo regionale del centrosinistra continua a non mostrare la sua linea su come rilanciare il modello universalistico, costruito con eccellenza nel passato e oggi in caduta programmatica e organizzativa.