Un Godot per giovani
Il capolavoro di Beckett all’Arena del Sole con la regia di Terzopoulos: «Testo che pare scritto ieri»
«Questo Aspettando Godot sembra scritto ieri. Lo dimostrano i giovani, i più entusiasti di tutti». Così Enzo Vetrano e Stefano Randisi, impegnati nel ruolo di Estragone e Vladimiro nel capolavoro di Samuel Beckett firmato dal regista greco Theodoros Terzopoulos che si è avvalso della celebre traduzione di Carlo Fruttero. Lo spettacolo, dopo una lunga tournée internazionale e italiana, fa tappa all’Arena del Sole da questa sera al 18. Con loro, Paolo Musio, Giulio Germano Cervi e Rocco Ancarola, rispettivamente Pozzo, Lucky e il Ragazzo. Le musiche sono del compositore greco Panayiotis Velianitis (oggi e domani 20.30, sabato 19, domenica alle 16. Co-produzione Ert).
Enzo Vetrano, Stefano Randisi, com’è nato l’incontro con Terzopoulos?
Randisi: «Dovevamo fare Le
Baccanti. Theo ha voluto incontrare pochi attori per volta. Quando ha incontrato noi ha detto: voglio fare con voi qualcosa di Beckett». Vetrano: «Alla fine Le Baccanti non si sono più fatte e abbiamo preso la palla al balzo. Il legame instaurato con Theo annunciava che avremmo fatto un bel lavoro e così è stato. Anche se… mamma mia che fatica. Fisica e di testa. Ma siamo felici».
Il rapporto con l’altro, fuori e dentro di noi, dice Terzopoulos, è centrale: come avete affrontato il tema?
V.: «Nella preparazione Theo ci diceva: non state parlando con l’altro, ma con l’altro voi. Mi ha colpito molto. Io e Stefano non ci guardiamo mai eppure siamo attaccati, ma lo sguardo è quasi sempre da un’altra parte. Questo parlare è solitudine». R.: «È un riflettere a voce alta dove l’altro è come un completamento di ciò che manca a noi».
La scenografia non mostra un albero ma un bonsai, si sentono rumori di sirene, bombardamenti e sul palco dominano quattro pannelli: è un «Aspettando Godot» più cupo?
R.: «Più riconoscibile. Sono state espunte parti del testo a favore dell’attualizzazione. Il testo originario è visto come un caposaldo del teatro dell’assurdo, poteva risultare superato. Il bonsai? Fa parte dell’iro
nia di Theo. Ci ha chiesto di essere sarcastici. Come fai a impiccarti lì?». V.: «Siamo dentro un conflitto, abbiamo abiti sbrindellati. Diverse rappresentazioni in passato hanno usato la clownerie. Qui ridiamo con sarcasmo. Resta una tragedia, ma umoristica».
R.: «Formalmente i pannelli si aprono a croce. La scenografia sembra un’installazione, ma simboleggia anche una condizione che ci ingabbia. In alto il potere, in basso le vittime».
R.: «C’è una battuta che fa: da quanto tempo siamo insieme? Da quasi cinquant’anni. si parla di noi. Quella con Theo è stata una scuola che ci ha dato molto. C’è una verità portata in scena ma non in termini naturalistici. Un lavoro che ci riporta a Leo De Berardinis».V.: «Scopri cose nuove e non finisci mai. E Theo conosceva Leo. Vedeva e sentiva cose sue. Parlava spesso di lui e di Carmelo Bene».
V.: «Ed è anche poco messo in scena. A scuola non lo si fa, i giovani non lo conoscono». R.: «Eppure in tournée persino in Cina, a Cuba, il maggiore entusiasmo era quello dei giovani. Ma all’estero sono più abituati a vedere gli spettacoli in lingua originale». Perché siete orizzontali e gli altri verticali?
Lavorate insieme dal 1976: come arricchisce questa esperienza il vostro sodalizio?
Il detto «Aspettando Godot» è nella cultura popolare, ma in Italia Beckett non è molto letto…
” Randisi e Vetrano Godot è nella cultura popolare ma viene messo in scena poco e anche a scuola non trova molto spazio