Un calcio ai pregiudizi
Al Teatro Massarenti di Molinella, Curino dirige «Giovinette. Le calciatrici che sfidarono il Duce»
Laura Curino, attrice, regista, autrice torinese impegnata nel teatro di narrazione, ha parlato di questo spettacolo come di «una storia da raccontare. Per insegnare la passione». Ma questa è anche una storia che ci insegna a leggere i segnali di cambiamento. È la storia di Giovinette. Le calciatrici che sfidarono il Duce. Diretto da Laura Curino, tratto dal bel romanzo omonimo di Federica Seneghini del «Corriere» (Solferino, pagg 336, 16,50 euro) con un saggio dello storico dello sport Marco Giani, vede in scena Federica Fabiani, Rossana Mola e Rita Pelusio. L’adattamento drammaturgico è di Domenico Ferrari con la collaborazione della stessa Curino e Rita Pelusio e questa sera è atteso al Teatro Massarenti di Molinella (ore 21, biglietti su www.diyticket.it). Il tour regionale farà poi tappa domani al Teatro Pazzini di Verucchio e il 5 al Teatro Sociale di Ravenna.
Siamo tra il 1932 e il 1933. A Milano, in una panchina di un parco, alcune ragazze lanciano un’idea: giocare a calcio. Un po’ per gioco, un po’ per sfida: il calcio era sinonimo di virilità fascista. Le tre attrici raccontano questa vicenda con ironia e leggerezza e intanto ci dicono, nemmeno troppo velatamente, quanto la strada dei diritti sia ancora lunga. «Tutto è nato dall’interessamento del libro da parte di Domenico Ferrari e Rita Pelusio, Laura Curino lo ha trovato interessante e così è nato questo lavoro ricco di tematiche, dalla parità di genere nello sport alla critica al periodo fascista e agli aspetti drammatici del periodo, fino alla storia di emancipazione di questo fantastico gruppo», racconta l’attrice Federica Fabiani. A ognuna di loro sta il compito di interpretare più figure. Alcune di loro sono di una modernità sorprendente. «Una come Rosanna Strigaro ad esempio insieme ad altre compagne portò avanti le relazioni con la stampa usando lo stesso linguaggio del regime. In un certo senso sono state le prime influencer della storia: hanno usato una furberia ne
cessaria per andare avanti».
Che dire poi delle tre sorelle Boccalini? Riscoperte in tempi relativamente recenti, insieme alla famiglia partigiana contribuirono al processo di liberazione femminile. Una di loro, Giovanna, sarà anche la co-fondatrice della rivista «Noi Donne», allora clandestina. Molto trapela della vita quotidiana. «Il pallone – ancora Fabiani – non doveva essere di cuoio, non potevano usare i pantaloncini ma solo gonnelloni sotto al ginocchio, il campo doveva essere più piccolo e in porta, per paura delle pallonate, era bene ci fosse un ragazzo. Naturalmente, niente pubblico». Hanno Meazza come idolo. Fino a che la novità rimane dentro le mura di Milano sono tollerate. A un certo punto scoprono che anche ad Alessandria esiste un’altra squadra. Nasce un torneo extracittadino. Il Fascismo le bloccherà. Si dovrà aspettare il 1946 per ricominciare a giocare. Il resto è storia di oggi. Come ricorda Laura Curino, «mentre in altri Paesi il calcio femminile è uno sport praticato e seguito come e più di altri, in Italia, a novant’anni dall’impresa delle Giovinette ancora è circondato da pregiudizi e ignoranza. Lo spettacolo è dedicato a chi cerca di accorciare questi tempi». Dopo l’uscita dello spettacolo, Milano ha dedicato loro una via vicino a Parco Sempione: Via Calciatrici del ’33. Qualcosa si muove.
In Italia a novant’anni dall’impresa di quelle ragazze questo sport declinato al femminile è ancora oggetto di discriminazioni e ignoranza, a differenza di altri