«La mia ricetta? L’amore»
L’autrice di bestseller «rosa» vive a Modena: ora è in libreria «Lo Spezzacuori» Felicia Kingsley: un uomo che scrive di sesso è un esploratore, la donna...
Al polso il suo nom de plume l’avvolge come una delicata spira: «Felicia» campeggia tra i braccialetti che le sue fan le regalano quando la incrociano nel turbine di firmacopie, incontri, eventi che questa 37enne dall’aria d’altri tempi ma dallo stile contemporaneo si concede. Felicia Kingsley, al secolo Serena Artioli, nata a Carpi 37 anni fa sotto il segno della Bilancia, oggi vive a Modena con il compagno e un figlio di 3 anni che nei social è stato ribattezzato «pinguino piratino». Nel nome dell’editoria il suo nome di battaglia è Felicia Kingsley, un fenomeno da oltre due milioni di copie vendute. Tutti romanzi d’amore. «Romance», come ama ripetere lei, architetta-scrittrice alla quale la scrittura ha decisamente preso la mano. L’altroieri per Newton Compton è arrivato in libreria Lo spezzacuori (223 pagg., 3,90 euro) e il 5 aprile per lo stesso editore uscirà Una ragazza fuori moda di Louisa May Alcott, con una traduzione nuova di zecca firmata, neanche a dirlo, da Felicia. La incontro al Caffè Concerto, un bar elegante vista Duomo nel cuore di Modena. Solare, pratica, avvolta in un cappotto di cammello. Sulla mano un cerotto fuori misura a forma di cuore.
Felicia Kingsley, cerchiamo di rubarle qualche ricetta. Qual è il suo metodo?
«Quasi sempre per me la scrittura è trascrizione, è quasi tutta un processo mentale. All’inizio mancava di congruenza. Adesso. avendo maturato un po’ di pianificazione della storia, riesco a tenere insieme tutti i fili. Del resto, anche Manzoni ha scritto tre volte i suoi Promessi Sposi. E sono convinta che il 99% degli scrittori se potessero riscriverebbero i loro libri in modo diverso».
Quanta parte hanno i social nella sua carriera?
«Penso che senza i social non avrei avuto la stessa accoglienza. Magari sì, ma non così tanta, perché io mi racconto tanto».
Lei vende tantissimo. Qualcuno davanti ai suoi romanzi d’amore storce il naso. Che cosa risponde?
«Lo vedremo tra 100 o 200 anni che cos’è la letteratura. La stessa Jane Austen non era per nulla apprezzata dalle sorelle Brontë. Ci sono dei carteggi che fanno trasparire in maniera estremamente elegante e pacata che non apprezzavano il lavoro della Austen. Alla fine l’amore è un tema che coinvolge tutti».
Oltre due milioni di copie vendute, un esercito di lettori. Come si resiste alla tentazione di montarsi la testa?
«In questo lo pseudonimo aiuta il distacco. Io non vengo fermata per strada. Vedere una persona in 2D sui social (dove Kingsley ha un bel seguito, ndr), dal vivo sei diversa. Io non riesco a figurarmi due milioni di copie. Sono felice, ma è stato un percorso che è partito piano. Forse è più choccante per gli scrittori che hanno un boom all’inizio. Penso al domani. Penso che le persone si saranno create delle aspettative: sarò sempre in grado di soddisfarle? E così la mia è una felicità che dura da Natale a Santo Stefano. Poi subentrano le paranoie».
Si sente libera?
«L’editore non detta la mia agenda di scrittura. Non sono loro a suggerirmi i temi, vado estremamente a ruota libera. Tante volte ho consegnato romanzi senza aver mai detto nulla di cosa avevo scritto, anche lasciandoli in stato di choc! Ho sempre scritto quello che volevo scrivere e penso che continuerò a farlo. Non sento così tanto slancio a raccontare una storia priva della componente sentimentale. Perché io amo il romance».
Le donne che racconti sono molto indipendenti.
«Spero sia una protagonista contemporanea. Non ho la pretesa di fornire modelli a nessuno. Se chi legge riesce a identificarsi o se quello che legge riesce a stimolare il cambiamento, ne sono felice. Sul ruolo delle donne, invece, c’è ancora molto da fare. Di uomini che scrivono storie d’amore ce ne sono tanti, ma loro sono considerati gli “Autori”. Le donne che scrivono d’amore sono casalinghe annoiate. Un uomo che scrive di sesso è un esploratore della natura umana. Una donna che scrive di sesso o è una frustrata o ha qualche perversione».
Com’è scrivere di sesso?
«È un atto di riappropriazione. Il sesso si fa in due, auspicabilmente, ma anche in più. Mi sono divertita a guardare Supersex, la serie che racconta la vita di Rocco Siffredi».
È difficile scrivere di sesso?
«È difficile per la mancanza di vocaboli. Quando si arriva alle scene passionali i vocaboli oscillano dall’anatomico al direttamente volgare. Una fascia mediana manca. O si cade nel manuale di educazione sessuale o in metafore come “il fiore della sua virtù. Bisogna contare le mani».
Una scrittrice che conosce anche i trucchi maschili, quando si trova davanti a un uomo sa tutto?
«Magari. Ho preso tante di quelle cantonate... Ho la mia lista di storie tossiche che mi hanno insegnato cosa non voglio».
Perché ambienta le sue storie all’estero?
«Per coerenza con quanto voglio raccontare. Ma dentro di me c’è un progetto per un “romance” ambientato a Modena».
Temi
Cos’è la letteratura lo vedremo tra cento o duecento anni. Parlo d’amore, riguarda tutti