Decaro incontra Carosone «Rapper, ora studiatelo»
L’attore al Duse omaggia il simbolo della canzone napoletana
Domani sera al Teatro Duse andrà in scena Renatissimo, l’omaggio di Enzo Decaro e Ánema a Renato Carosone (ore 21, da 21 a 29 euro).
Decaro chi era Carosone? «Carosone arrivava dalla musica classica ed è stato un signor pianista che non ha mai smesso di esercitarsi. Con la sua ironia tipicamente partenopea ha inventato qualcosa. È stato una grande risorsa, dopo la fine della guerra ha insegnato all’Italia il tornare a vivere».
Come ci si approccia ad un artista come Carosone?
«Semplicemente presentandolo e soffermandosi anche sulla genesi di alcune sue invenzioni, o sugli incontri col fratello paroliere, che hanno cambiato l’approccio della musica napoletana. Un input altamente originale ancora oggi ripreso dai giovani rapper che utilizzano inserti dei suoi brani. Carosone non solo andrebbe utilizzato, ma studiato».
Quanta Napoli e quanto mondo c’è in Carosone?
«Il giovane Renato cresciuto a Napoli respirando l’atmosfera della città è imprescindibile. Però lui è un musicista pronto a voltare le spalle alla napoletanità più facile per partire verso l’Africa, da dove tornerà diverso. Riesce così a produrre una fusion tra i suoni del Nord Africa e quelli mediterranei, dando vita a qualcosa di unico. Musicalmente è il Mediterraneo e il mondo».
Il racconto un’angolazione più musicale o più umana?
«Le due cose in realtà non sono così distanti, perché l’angolazione musicale dipende proprio da quella umana. Ho avuto il privilegio di conoscerlo e frequentarlo negli ultimi anni di vita e mi piace raccontare un aspetto a cui teneva moltissimo. Lui è stato autore di alcune tra le più belle canzoni romantiche napoletane di sempre, che purtroppo faticavano a emergere perché tutti volevano il Carosone divertente».
Che città è Napoli nel 2024? «È quella del 2023, a sua volta un continuo di quella del 2022. Una città a strati come è stata nei secoli. Però, in questa difficoltà di coabitazione le riconosco una capacità di inclusività, socialità, tolleranza e accoglienza che difficilmente vedo altrove».
E Bologna?
«Forse è proprio solo Bologna che ha questo tipo di inclusività. Non è un caso che Napoli e Bologna abbiano le università più antiche d’Italia e d’Europa. Entrambe ubicate all’interno della città».
Cosa direbbe al giovane Decaro de La Smorfia?
«Gli direi di avere fiducia in quella che sarà una maratona e non uno sprint. A vent’anni tutto sembra una corsa di velocità. Il tempo dobbiamo farcelo amico».
Cercando online notizie private su di lei si trova solo l’altezza. Com’è riuscito a mantenere la sua privacy?
«Sono arrivato solo l’anno scorso su WhatsApp perché sono orientato a rimanere offline, che è l’unico modo per continuare a mantenere una comunicazione vera tra le persone. Forse tra 10 anni potrei prendere in considerazione l’idea di Facebook».