Le architetture lievi di Valentina Pucci tra Ghirri e Calvino
Ogni altrove è unico e irripetibile, ma l’immaginazione non ha fine né altrove, o (uguale) ne ha infiniti. Valentina Pucci è la leggerezza delle molte fantasie che corrono per Bologna come piccoli aerei fatti a mano. «Ora non qui» è la mostra di architetture di carta organizzata, in occasione della Fiera del libro per ragazzi, in via Turati in quella che fu la fabbrica dell’Omas, penne stilografiche a stantuffo che resero famosa Bologna nel mondo, Ivo Stefano Germano, il sociologo che scrive sul «Corriere di Bologna» ne sa molto, sua mamma le vendeva nella sciccosa via Orefici, suo babbo giornalista ci scrisse un bellissimo libro proprio prima di andarsene.
Ora in via Turati 8a, in una soluzione di continuità volatile pure essa, c’è Ottoastudio, uno spazio condiviso da un architetto d’interni e due designer tessili, quattro fotografi, un laboratorio di stampa fine art. Le attività quotidiane si uniscono a eventi, mostre, corsi. Un modo di vivere, lavorare, creare che guarda molto alla lezione di Italo Calvino: «La mia operazione è stata il più della volte una sottrazione di peso. Cercare costantemente di togliere peso alle cose del mondo». Le architetture che nascono dalle mani di Pucci si snodano in una serie di micro installazioni, minuscoli mondi fatti di case ed elementi naturali, che diventano piazze e poi città, alberi e montagne, pieni e vuoti, reale e fantastico. Città invisibili sospese nel tempo e nello spazio, disegnate dalla luce e dove le ombre disegnano sé stesse. La luce, il buio sono anche loro continuità discontinua. Pucci, nata a Pesaro, studi di Grafica Editoriale alla Scuola del Libro di Urbino, poi Bologna per Scienze dell’Educazione e Antropologia Culturale, per vita. L’educazione, l’infanzia, diventano gioco, arte. La sua materia che vola è la carta, che si compone in cose silenziose e geometriche: linee, angoli, simmetrie, spazi. La suggestione parte da Calvino, passa per il fotografo poeta Luigi Ghirri, le piazze e i paesaggi di Giorgio De Chirico, la grafica cinetica di Bruno Munari, gli smarrimenti di Gianni Celati, le acrobazie e gli incroci di parole di Georges Perec.