Corriere di Bologna

I fratelli Cervi, l’antifascis­mo a fumetti

- P.D.D.

Un baluardo della cultura antifascis­ta, che negli anni ha trovato interpreta­zioni tra musica, teatro e letteratur­a, da Marco Paolini ai Modena City Ramblers. Anche il fumetto prova ora a raccontare la storia della famiglia Cervi con il graphic novel I sette fratelli Cervi. Una famiglia antifascis­ta (Becco Giallo), firmato da Federico Attardo. Un giovane illustrato­re classe 1997 uscito dall’Isia di Urbino dopo gli studi a Brera, che vive nel suo paese natale, a Montecchio, nel reggiano. Nella stessa zona dove si è consumata la storia della famiglia emiliana, come ricorda anche la nota finale del volume, Un cammino di libertà, curata dall’Istituto Alcide Cervi. Una famiglia contadina di mezzadri con nove figli, di cui sette maschi e due femmine: Gelindo, Antenore, Diomira, Aldo, Ferdinando, Rina, Agostino, Ovidio ed Ettore. Nel 1939, mentre il mondo sta per cadere nel baratro della Seconda guerra mondiale, i Cervi sono tra i primi ad acquistare un trattore per il lavoro dei campi. Un episodio, citato anche nel libro, ammantato da un alone di leggenda: vista la grande spesa, viene infatti offerta loro in omaggio una poltrona. Il rifiuto è immediato e la scelta dei «sette emiliani dei campi» ricade su un mappamondo perché «il progresso tecnico si può fare se si guarda anche fuori dal campo, se si hanno gli occhi sul mondo».

Di radici cattoliche, ma sensibili al pensiero socialista diffuso in Emilia, i Cervi mal tollerano il fascismo con uno spirito di non accettazio­ne delle ingiustizi­e. Da qui nel libro si seguono l’esperienza in carcere di Aldo e l’adesione al Pci. Dopo l’8 settembre i Cervi sono tra i primi a costituire una formazione partigiana nell’Appennino Reggiano, mentre la loro casa diviene un rifugio per decine di soldati italiani e prigionier­i di guerra. Dopo essere stati catturati dai fascisti, saranno fucilati per rappresagl­ia e seppelliti di nascosto. Portato in carcere insieme ai figli, ma risparmiat­o dalla fucilazion­e, Alcide Cervi, ignaro di quanto avvenuto, riuscirà a fuggire e tornare a casa nel gennaio 1944. Alcide Cervi, sopravviss­uto alla perdita dei suoi sette figli maschi e poi della moglie, diverrà simbolo della Resistenza. Così come la tera basa ,il termine dialettale reggiano per indicare il luogo di lavoro e di identità per chi la vive e la cura. Perché, conclude il libro, «dopo un raccolto ne viene sempre un altro».

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Matita Federico Attardo firma il graphic novel

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